sabato 5 agosto 2023

RECENSIONE

 

RIAPPROPRIARSI DI UN MITO

Rosa Elisa Giangoia


Ancora una volta un’opera letteraria attuale evidenzia la ricchezza dei miti greci, ciascuno dei quali racchiude in sé molteplici possibilità interpretative che fanno risaltare le sfaccettature della persona umana e la complessità dei rapporti interpersonali.
Tu sorgerai di nuovo, secondo romanzo di Camilla Ugolini Mecca, riprende, con una narrazione sobria e misurata, ma ariosa e luminosa, il mito classico di Demetra e Kore-Persefone, di antichissima elaborazione, in quanto documentato per la prima volta in letteratura dall’inno cosiddetto ‘omerico” A Demetra, risalente al VII – VI secolo a.C., di autore ignoto, ma, per tradizione attribuito a Omero, in quanto scritto, come gli altri ‘inni omerici’ dedicati ad altre divinità dell’Olimpo, nella stessa lingua e nello stesso metro dei due grandi poemi.
Questo inno fu composto “per descrivere – seppure in modo simbolico, non espressamente dichiarato – i cosiddetti Misteri Eleusini”, diventati nei secoli successivi di grande importanza religiosa e rituale nell’antica Grecia, anche per l’ampia possibilità di partecipazione che permettevano alle persone, comprese le donne e gli schiavi. Ma l’autrice di questo romanzo accenna solo in modo sporadico e occasionale a questi rituali segreti in onore di Demetra e di sua figlia, carichi di forti aspettative riguardanti la vita ultraterrena, purtroppo a noi poco noti. L’interesse di Camilla Ugolini Mecca si incentra sulle due figure femminili della madre Demetra e della figlia Kore-Persefone, che diventano le due immagini simboliche dei ruoli naturali e sociali della femminilità, quelli della madre e della figlia, a cui si aggiunge anche la figura di Rea, madre di Demetra, protagonista del superamento dell’aporia tra la figlia e la nipote.
Questa narrazione ha il fascino del recupero di un narrare tutto incentrato sul valore, che diventa piacere per l’autore e per il lettore, del narrare stesso, della tipologia espressiva, diciamo più esplicitamente della forma rispetto al contenuto. Oggi le opere di narrativa privilegiano il ‘cosa narrare’ sul ‘come narrare’ con una forte polarizzazione sull’intreccio rispetto alla fabula, soprattutto per quell’accelerazione del ritmo narrativo, accentuatasi sempre di più dopo l’affermazione del romanzo giallo e per l’influenza delle tecniche narrative filmiche o comunque per immagini, rispetto a quelle realizzate con la parola. Qui non c’è nulla di tutto questo: qui a dominare, in tutta la sua ricchezza, è la parola. Tutti, ad inizio della lettura, sappiamo che la giovane figlia di Demetra, misteriosamente scomparsa, verrà ritrovata, non siamo ansiosi di conoscere l’esito finale della vicenda, ma procediamo nella lettura attratti dal modo di narrare dell’autrice, dal suo procedere in una forma che fin dalle prime pagine stringe un forte patto narrativo con il lettore, per il suo procedere preciso e accurato, nello stesso tempo fantasioso, ricco di immagini, di pennellate naturalistiche e di approfondimenti psicologici. Ma, mentre procediamo nella lettura ci rendiamo conto che il narrare di Camilla Ugolini Mecca si arricchisce di valenze ulteriori. Infatti l’autrice descrive Demetra affannata nella ricerca della figlia, in cerca di contatti con altre divinità per avere qualche notizia, fino alla determinazione di far valere la sua “potenza della negazione”, privando il mondo terreno della fertilità, si sofferma sul suo contatto con i mortali, ospite nella reggia di Eleusi senza rivelare la sua natura divina, e sul dono ai mortali del frumento, fino alla risoluzione positiva della vicenda, grazie a Rea, con la determinazione dei due tempi dell’anno: quello di stasi della natura, in corrispondenza della permanenza di Kore-Persefone agli Inferi con il suo sposo, e quello della rinascita della vegetazione con il riemergere della giovane donna sulla terra e del ricongiungersi con la madre.
Naturalmente la lettura interpretativa di questo mito greco può essere, come per quasi tutti gli altri, multipla e plurima, tanto che ogni epoca ne ha colto in modo privilegiato una diversa, in consonanza con i temi più rilevanti nella mentalità di quel tempo. Ci si è soffermati di volta in volta sull’alternanza delle stagioni, sui misteri eleusini, sul dono del frumento da parte di Demetra. Così anche in questa ennesima narrazione del mito di Demetra e di Kore-Persefone l’autrice coglie gli aspetti salienti consoni a problematiche attuali, che sono precisamente quelle legate al rapporto uomo-donna e alla configurazione della specificità del femminile. Infatti Kore-Persefone diventa vittima emblematica della violenza dell’uomo sulla donna, per il rapimento della fanciulla da parte di Ade, violento e autoritario nel confinarla nell’oscuro isolamento del Tartaro. D’altro lato la sua liberazione, favorita dall’intervento di Rea, determina la giusta configurazione del ruolo di Kore-Persefone come quello specifico della donna: nessuna può rimanere eternamente fanciulla-figlia, oggetto di un amore esclusivo e possessivo da parte della madre. Ciascuna deve compiere il suo personale itinerario di iniziazione alla vita, nutrendosi del rosso frutto proibito del melograno, acquisendo consapevolezza dall’altro rispetto alla vita, cioè la morte, per diventare una “sposa”, capace di generare vita. Così Kore non sarà più “la fanciulla per eccellenza, il simbolo assoluto della purezza infantile”, ma ricomparirà con il nome di Persefone, che evoca la morte, ed anche sua madre Demetra potrà ritornare ad essere “emblema eterno e perpetuo della fertilità”.
E così il romanzo di Camilla Ugolini Mecca si configura non tanto come una narrazione delle vicende mitiche, ma piuttosto come una riflessione e un’interpretazione attualizzata della storia di Demetra e di sua figlia.

Camilla UGOLINI MECCA, Tu sorgerai di nuovo, Rimini, FaraEditore, 2022, pp. 75, € 10,00.