giovedì 14 ottobre 2021

PRESENTAZIONE E RECENSIONE

MARIA CRISTINA CASTELLANI

 

 La vita di un uomo. La sua scuola.



   Vita di scuola. Scuola di vita: così Renato Dellepiane, già con il titolo del libro, ci indirizza verso la lettura più corretta della sua autobiografia. Il racconto di una vita, che comprende gli anni dal 1944, data di nascita dell’Autore, sino al 2011, anno del suo pensionamento, con una breve postfazione scritta nove anni dopo.
   Una storia di vita, la storia privata dell’Autore, che si intreccia, sin dall’inizio, con la vita genovese nell’immediato dopoguerra, e, immediatamente, insieme al ricordo della strada e dei giochi con i compagni, con una forte attenzione riservata alla scuola, ricordando, anche nei minimi dettagli, la scuola elementare negli anni Cinquanta. Era la scuola dei banchi in legno, come appare dalla deliziosa foto vintage della copertina, con le classi maschili e femminili, l’ingresso separato e, per i maschi, i grembiulini neri, con il colletto bianco. E, soprattutto, un ottimo maestro, ricordato con affetto e riconoscenza. L’intreccio della storia privata con la storia di Genova, specie del quartiere di Sampierdarena, dove l’Autore è nato, ancora durante la Seconda Guerra Mondiale, nel 1944, prosegue, poi, con gli anni della Scuola Media, sempre nello stesso quartiere, e, infine, negli anni Sessanta, con il quinquennio nello storico Ginnasio-Liceo Classico del Ponente genovese il “G. Mazzini”, con il vivo ricordo dei compagni e degli insegnanti. E, quasi abbracciata alla storia personale di Dellepiane, ecco apparire la trasformazione di Genova, e soprattutto di Sampierdarena e dintorni, negli anni della ricostruzione. E poi l’Università, e la Facoltà di Lettere, sempre a Genova, e subito i primi anni di insegnamento, anche prima della Laurea, come avveniva allora, negli anni Sessanta, dopo l’introduzione della Scuola Media Unica e l’allargamento dell’istruzione superiore a un maggior numero di giovani, appartenenti a classi sociali che, negli anni precedenti, avrebbero terminato il loro curriculum studiorum solo con l’Avviamento Professionale. La società stava mutando… e chi ha vissuto in quegli anni, generosi e spesso turbolenti, forse non se ne rendeva conto. Ma domina, nella narrazione di quel periodo, un senso di affetto, non una generica laudatio temporis acti, ma un riconoscimento del valore formativo di quelle esperienze, spesso di giochi di strada, di quella scuola seria e selettiva, di quel contesto socio-politico, così caldo, in tutti i sensi...
   Si entra poi nella storia vera e propria dell’insegnamento, da “pendolare” e della passione vera dell’Autore per quelle che un tempo venivano definite le “Belle Lettere”. E belle lo erano davvero, se, ancora oggi, il Professor Dellepiane inserisce citazioni di Autori classici, italiani, francesi e altri, non solo come esergo o citazioni nel testo, ma riportandone interi brani, che irrompono, come pause affascinanti ed efficaci, nel ritmo narrativo: è come se l’Autore ci accompagnasse, tenendoci per mano, nel suo mondo, in stanze del passato, ricche di conoscenza e di affetto. Come se ci invitasse a rivisitarle con lui e si soffermasse, insieme a noi, a contemplare una foto, un quadro, uno scorcio di un panorama solo immaginato, dal momento che gli anni Cinquanta e Sessanta hanno spesso travolto l’assetto urbano di Genova, specie nelle periferie. Dellepiane ci guida in quelle stanze, all’inizio del libro, con una certa malinconia, poi stemperata dal crescere e dal maturare della sua esperienza di ragazzo, poi di uomo, di padre, ma, soprattutto, di insegnante. Dobbiamo immaginarlo in questo tour nella sua vita di docente, preside, letterato, cultore raffinato delle Lettere: si ferma, prende respiro e condivide con noi i versi più appropriati per farci respirare quell’atmosfera.
   Dopo l’insegnamento, Dellepiane diventa uno stimato Preside e la sua vita di pendolare prosegue perché, da Savona, dove aveva insegnato, assume la dirigenza di un Istituto Magistrale, in Piemonte, ad Asti, dove introduce interessanti sperimentazioni in una tipologia di scuola superiore che sembrava, ingiustamente, poco adeguata ai tempi. Una carriera in ascesa e poi il trasferimento al Liceo “M. L. King” di Genova, scuola che lo vede impegnato, dopo la svolta dei primi anni Duemila, l’autonomia scolastica e la dirigenza attribuita al personale direttivo, nella creazione di nuovi percorsi e nella internazionalizzazione di alcuni curricoli.
   Ma la Poesia lo segue. Ed ecco che i momenti della sua vita vengono scanditi dai versi. Ricordo, in particolare, anche per una mia simpatia per questi versi, nella prima parte del libro, la citazione del Compagno di banco di Marino Moretti, commovente ricordo della sua infanzia sampierdarenese, e, nell’ultima parte, la bellissima poesia di Camillo Sbarbaro, Versi a Dina, che Dellepiane ha dedicato alla sua attuale compagna di vita, la seconda moglie amatissima, che lui chiama “la scelta definitiva”. 
   Si sente, da queste e altre scelte letterarie, riportate passim nella trama autobiografica del testo, come la Letteratura, e in particolare la Poesia, abbiano accompagnato davvero il suo percorso di vita privata e professionale. Ciò viene peraltro confermato da un interessante dato nel suo curriculum, dal momento che Dellepiane è coautore di un’apprezzata Letteratura Italiana. Storia e Antologia (Signorelli, Milano, 1989).
   Un libro interessante, quindi, scritto, ovviamente, date le premesse, in un ottimo italiano, ma anche in modo limpido e sincero, che crea, nei più lettori più anziani, un piacevole flash back e, nei più giovani, curiosità di sapere come fosse la vita di scuola e la scuola di vita, dal 1944 al 2011. Un percorso dove ci sentiamo condotti, davvero, da un’ottima guida. Da un bravo insegnante, che condivide con noi l’album dei ricordi della sua Vita di scuola. Scuola di vita.



RENATO DELLEPIANE, Vita di scuola. Scuola di vita (1944-2011), Genova, De Ferrari, 2021, pp 360, € 18,00

domenica 10 ottobre 2021

GIOVANI POETI

Rosa Elisa Giangoia

Dopo otto anni di vita della Rivista Letteraria Mosse di Seppia, fondata e diretta a Napoli da Annalisa Davide, la redazione decide di dar vita ad una pubblicazione antologica cartacea dal titolo Versi vegetali per portare avanti lo stesso intento della rivista, cioè quello di «provare a credere nella costanza degli appuntamenti dal vivo, dello scambio simultaneo di idee e di sguardi» (5), in una parola creare poesia nella realtà del vivere, quindi sulla carta, bypassando il virtuale e il digitale, per avere, sulla consistenza della carta, qualcosa che contraddica quelle che sono le connotazioni evanescenti, ma portanti, del nostro tempo, cioè dare consistenza al leggere, al parlare e soprattutto al far poesia. Queste vengono percepite come espressione di un «atto veramente rivoluzionario» (7), perché in quanto individuali, autonome e personali entrano in opposizione con quei valori imposti dall’alto che contraddistinguono il mondo di oggi.
Sono propositi che mi trovano pienamente d’accordo, per il comune intento che anche noi perseguiamo, seppure con impegno e fatica, di portare avanti una rivista cartacea, in ossequi a quella fisicità attraverso la quale pensiamo debba passare la produzione letteraria. Altra consonanza è indubbiamente quella montaliana, per noi scoperta, attraverso i due nomi di SATURA prima e di XENIA ora che, da oltre un decennio sono i titoli delle nostre pubblicazioni periodiche, più sottotraccia e ironica quella dei giovani amici napoletani di “Mosse di Seppia”.
Anche il titolo Versi vegetali, sebbene giustificato con un’ispirazione dal testo di scritti di bibliofilia La memoria vegetale di Umberto Eco, riporta ad una concretezza vitalistica tale da porre i versi in un naturale divenire esistenziale, come quello di tutti gli elementi botanici: vivere è creare poesia, ma la poesia esprime la vita in un inscindibile intreccio.