sabato 21 marzo 2020

POESIA in italiano e in spagnolo


ISA MORANDO 

La partita a scacchi
                                                                                  (a Enrique Irazoqui)

Giochi ancora agli scacchi, amico mio?
L'affronterai per noi questa partita?
Nell'enigma di questa primavera,
irridente trionfo
di colori e di vita.
Nostri pezzi vincenti, le parole
che ci avvolgono senza far rumore,
ci regalano il suono impercettibile
di un messaggio d'amore e di speranza.
                                                                                                       
                                                                                                             Genova, 18 marzo 2020


La partida de ajedrez

                                                                                        (a Enrique Irazoqui)

¿Juegas todavía al ajedrez amigo mío?
¿Te enfrentarás por nosotros a esta partida?
En el enigma de esta primavera,
irrisorio triunfo
de colores y de vida.
Nuestras piezas ganadoras, las palabras
que nos recubren sin ruido,
nos regalan el sonido imperceptible
de un mensaje de amor y de esperanza.

domenica 8 marzo 2020

POESIA




Requiem per Ernesto Cardenal

di Luigi Picchi

Così dolcemente sei scivolato,
stella tra le stelle, nello Spazio
dove sciamano alfabeti di galassie,
questo amoroso cantico siderale
di luci che un Dio ininterrottamente
tesse e ritesse all’Infinito per sé
e per tutti noi.

Lungo il cammino astrale
troverai Thomas Merton
e Marilyn Monroe,
ma anche Bach e Beethoven,
Einstein, Galileo, tutto un pantheon
eroico, ma anche molto, molto
umano: i tuoi campesinos,
i guerriglieri sandinisti,
generazioni in viaggio,
popoli in cammino
verso la Libertà che è Amore,
verso la Rivoluzione che è Amore,
verso la Giustizia che è Amore,
verso la Verità che è Amore.

E con voi tutto
il popolo delle stelle,
anche loro esuli,
anche loro braccate,
anche loro in lotta.



mercoledì 4 marzo 2020

RECENSIONE



Luigi Picchi


Una promessa mantenuta, questa raccolta del poeta ligure, un’ulteriore testimonianza di fedeltà, una fedeltà tutta lirica che risale al Montale di Ossi di seppia o al Poema del mare di Ettore Cozzani: «Non finirò di scrivere sul mare. / Non finirò di cantare / quello che c’è in lui di estatico / quello che c’è in lui di abissale / la sua vanità disumana / senza pesantezza, senza un vero confine / la sua aridità senza sete / senza spine / le sue forme in perenne mutamento / sottomesse alle nuvole, al vento / e al cammino in cielo della luna». L’intera silloge infatti è incentrata sul mare, cantato come un interlocutore quasi divino: «Tu mare non hai chiese / non hai sacerdoti, sacramenti, / non hai preghiere, monumenti / né riti né elemosine, / e non hai avuto pietà. / Eppure sei sacro, divino». Anche fino alla preghiera: «Mare su cui si affacciano gli ulivi / tra rocce ripide e riflessi del sole / mare che hai udito le parole di Omero e di Odisseo / mare che canti come le cicale / che ho attraversato quando ero bambino / tra scilla e Cariddi, sotto stelle di sale / mare che vide Goethe quel mattino / tutto d’oro come alberi di limone. / Oggi sei il mare dei morti, la prigione / dei tanti annegati tra i migranti. / Rinasci, Mediterraneo, con i tuoi canti / incolpevoli, unisci, non separare / ricorda agli uomini d’Europa la tua legge: / essere mutevole, alzare le vele, amare». Un mare, quello di Conte, emblema di tutta la vita, la vitalità, ma anche mortale, distruttivo e sterile, vera Coincidentia oppositorum. Ma quello che mi ha commosso è l’ammissione da parte del poeta della propria fragilità umana, una confessione quasi sbarbariana: «Sono più solo di tutti, mare, persino di te. / […] / io un fragile figlio di donna / una medusa spiaggiata, un ramo sfiorito». Proprio questa miscela di entusiasmo vitalistico e pervadente malinconia esistenziale, trovo sia in un certo senso la cifra di questo libro maestoso e dolente, epifanico ed elegiaco, sintesi matura del credo e della poetica del Nostro. Queste poesie, unite tra loro da un fil rouge poematico eminentemente mitomodernista, ci portano in altre epoche da Omero a Byron e ci fanno viaggiare dalla California all’India, dalla Liguria all’Atlantico, eppure l’alfa e l’omega di tutta questa avventura spaziotemporale è sempre il presente e la Riviera. L’afflato, ora whitmaniano ora dannunziano ora luziano ora alla Lawrence, non impedisce al poeta di cogliere alcuni aspetti squallidi e tragici della contemporaneità, indimenticabili: la desolazione di un vecchio abbandonato e solo, la spocchia di alcuni avventori modaioli di un bar, l’ebetudine catatonica di un adolescente chiuso al mondo con i suoi auricolari, il dramma e la disperazione dei migranti in balia di pericolose e letali traversate. Come non mancano neppure gli affetti e le memorie familiari: la madre o il nonno o il figlio mai avuto. C’è poi una poesia particolarmente originale, Odisseo internauta, dove il poeta coglie la novità inumana e alienante della Rete, spesso trappola diabolica per l’anima assuefatta con le sue navigazioni compulsive e droganti: «Ora il mio mare è questo. Non lo solco / più con la mia galea dall’alta velatura / né sulla zattera impazzita alla deriva. / Non ho di fronte nessuna isola sicura. / Non c’è all’orizzonte anima viva. / È un mare senza onde, senza sponde / non soffiano il meltemi né il maestrale / non vedo in superficie delfini che saltano / né meduse e coralli sul fondale. / È un mare così, piatto, frontale / su uno schermo che si accende, irretito / da immagini che appaiono e scompaiono /basta la punta leggera del mio dito. […] Non mi aspettano né la Troade né la Colchide. / Né Elena, né Achille né il Vello d’Oro. / Tutto è presente, uguale, effimero. / […] Io sono qui, seduto, solo, irretito, / irreale. Non ancora morto né più vivo. /Sono l’internauta.». Giuseppe Conte è il poeta che ha la capacità di trasformare nel centro del mondo la sala d’attesa di un aeroporto durante uno scalo o il tavolino del bar dove si ferma a bere un caffè e a scrivere una poesia sul proprio taccuino.

Giuseppe Conte, Non finirò di scrivere sul mare, Mondadori, Milano 2019, pp. 150, € 18,00.