mercoledì 10 dicembre 2025

 

RACCONTARE E CUCINARE: DUE ASPETTI DELLA CREATIVITÀ

 Rosa Elisa Giangoia



Con questo suo nuovo libro Calendario dell’Avvento. Racconti e dolcezze Maria Cristina Castellani documenta un ulteriore capitolo dei Corsi di Scrittura Creativa che tiene ormai da un decennio con la pubblicazione di otto volumi di racconti di quanti li hanno frequentati.
Come i precedenti corsi e le relative pubblicazioni, anche questo, svoltosi da ottobre 2024 a giugno 2025, col titolo “Io mi racconto”, ha un centro tematico, in questo caso rappresentato dal tempo dell’Avvento, con riferimento al quale tutti i partecipanti, “persone adulte, in qualche caso anziane” (p. 9), hanno redatto ventidue racconti, a cui si aggiungono quello iniziale e quello finale della Castellani stessa, per arrivare a ventiquattro, quanti sono, appunto, i giorni dell’Avvento. L’intento è quello di “inventare un CALENDARIO DELL’AVVENTO” di parole, dove ognuno … avesse a disposizione una finestrella da aprire” per inserire “pagine di diario … pensieri … riflessioni … ricordi” (p. 11).
Il leitmotiv dell’Avvento è stato interpretato dai vari autori in modi diversi, non sempre riconducibili al tempo della liturgia cristiana, ma tutti hanno messo se stessi al centro del proprio racconto, privilegiando emozioni, sensazioni, memorie, spesso prodotte da stimoli sensoriali che la Castellani ha senz’altro spiegato molto bene verificarsi “sotto forma di sinestesia” (p. 18) per l’apporto concomitante di gusto, olfatto e vista, come avviene nella famosa pagina della madeleine di Proust. Il risultato, per l’abilità dell’insegnante e l’impegno degli allievi, è una serie di racconti ben costruiti, di efficace validità narrativa e di piacevole lettura.
Il primo, di Roberto Olmi, eponimo del libro, è incentrato sull’interesse e le emozioni che la visita di diversi presepi del genovesato suscita nelle nipotine dell’autore. Il ricordo del presepe e degli altri preparativi per il Natale, sfocati e nello stesso tempo impreziositi, nei ricordi dell’infanzia ormai lontana, ritorna in altri testi, vibrante di emozioni e affetti in Mano nella mano di Maria Elisa Savio e, legato alle tradizioni genovesi e in particolare alla nonna, in Nonna Manin di Maddalena Laura Grondona.
Ma anche i nonni si ispirano ai nipoti per la loro pagina di diario, come Gabriele Lalatta Costerbosa che in Gabriellino, in occasione della festa di Santa Lucia, scrive all’omonimo nipotino un breve biglietto, traboccante d’affetto, che potrà apprezzare quando sarà più grande.
Ci sono descrizioni vivaci e garbate di paesaggi alpini in tempi di Natale, popolati di famiglie felici, come in Presepe vivente di Maria Novella Carbone, ma anche emozioni in ambienti molto diversi, come la Zurigo in cui Francesca Negro, in occasione della festa di San Nicola, gusta “dolcetti natalizi preparati con ingredienti multiculturali” (p. 39) per trasferirsi rapidamente col pensiero a Pentema e rievocare l’ormai famoso presepe della località dell’Appennino genovese, in Anche questo Natale. San Nicola e i dolci di un paese lontano, in questo caso l’Ungheria, ritornano in Preludio di Giuseppa Antonia Scicolone. Ricordi natalizi, legati all’infanzia, sono ancora quelli rivissuti tra il conforto della memoria e la malinconia del presente da Rosalba Perusso in Notte di luce, con attenzione a piccoli particolari che creano un’atmosfera suggestiva e coinvolgente.
Alcuni racconti rievocano vicende personali, tristi e felici, come in “Mis dos vidas” di Gaetano di Vasta, in cui il ricordo della drammatica perdita del padre nell’infanzia, durante un viaggio in tempo di Natale, si stempera con la rievocazione della nascita di suo figlio. Una “nascita”, anche se per molti aspetti solo soggettiva, è quella narrata da Maria Cristina Morsia in E così per me sei nata in cui rievoca il giorno in cui, proprio in tempo d’Avvento, una splendida bambina russa è stata finalmente data in adozione a lei e a suo marito. Ancora la nascita è l’argomento del racconto Il tuo primo Natale di Eleonora Carta, che con emozione e gioia rievoca la nascita del suo “bel bambinone” (p. 101) che con i suoi 5,3 kg crea molta curiosità e tanto trambusto! Molto partecipate e profonde sono le pagine di diario di Franca Ruggeri (Ritrovarmi) che espongono “un’intensa esperienza di amore e di condivisione”, vissuta durante un pellegrinaggio a Lourdes dell’UNITALSI.
Tra le vicende capitate nell’avvento c’è anche quella dolce-amara di Mariluzza Robozza in Attesa: qui l’amarezza di dover lasciare la vecchia grande casa per trasferirsi in una più piccola viene improvvisamente stemperata dall’inaspettato arrivo di un messaggio di auguri natalizi del figlio, che diventa presagio di una rinascita di vita. Il 10 dicembre è per Maria Cristina Castellani l’anniversario di matrimoni che in Come un pastore rievoca con commozione e rimpianto, nella memoria del marito, ormai scomparso, ma con la serenità che deriva a chi può dire: “Sento infatti che oggi, come altri giorni, Qualcuno mi sta conducendo…”. In tempo d’Avvento cade anche l’anniversario di matrimonio di Maria Rosa Politi che in La coperta rosa lo ricorda con tanti altri momenti dell’infanzia, vissuti insieme al fratello, nel clima rassicurante degli affetti familiari. Il periodo natalizio è sovente occasione di viaggi, come per Maria Rosa Danesi che in Acqua e luce ripercorre con la memoria il suo “viaggio indimenticabile” (p. 67) in Vietnam, tra il particolare paesaggio di acqua e di luce e le memorie della guerra terribile che travagliò quel paese negli anni Sessanta. Un viaggio è anche l’argomento di Gita a Lucéram di Veronica Campailla che nel paese francese, famoso per i tanti presepi, scopre la felicità di aver rallegrato il cuore di sua mamma avendola accompagnata in questa gita.
In alcuni casi, è un semplice incontro a suscitare emozioni e riflessioni per scrivere. È quanto avviene in Una bambina dai capelli rossi di Aurelia Werndorfer in cui l’osservare una bambina felice a colazione col papà in un caffè genovese diventa occasione per riflettere su “tutti i bambini, vittime innocenti di tutte le guerre” (p. 32). Legato all’osservazione di qualcosa di particolare è il racconto La valigia di Maria Angela Viterbo che, avendo visto in giro per Genova sculture che raffigurano persone o gruppi con parti mancanti, per lo più con valigie, si sofferma a individuare la loro interpretazione e soprattutto a riflettere sulla sua vita e su quello che lei può lasciare agli altri. A suscitare emozioni e ispirazioni di scrittura sono anche gli animali, come il grazioso gattino Lunedì, intrufolatosi nelle lezioni del Corso di Scrittura a Imperia, e la vecchia “gatta di casa” Soraya, “volata verso il Ponte dell’Arcobaleno”, protagonisti di Lunedì fra arrivi e partenze di Gabriella Guasco.
A ricordarci che quello che è il periodo dell’Avvento per noi cristiani, è un momento di preparazione a una festa nel segno della luce anche per altre religioni, è Max Serendipity con il suo racconto Luci nella vigilia di Chanukkà in cui, dopo aver illustrato in una premessa l’origine e il significato della festività ebraica, a suo giudizio, di “valore universale” per “tutti i popoli che hanno un ideale monoteistico” (p. 115), rievoca, con approfondimenti di riflessione, indagini emotive e particolari diaristici, la sua giornata in questa occasione fino all’esplosione della gioia finale per l’arrivo, improvviso e inaspettato, del figlio che con lui accende la Chanukkià, la tradizionale lampada a otto braccia.
L’antivigilia e la vigilia di Natale diventano occasione del vivace racconto Porte aperte di Carla Bedocchi che descrive con umorismo e ironia le ansie e i piccoli disguidi della preparazione del pranzo natalizio che all’ultimo momento si trasforma in un momento di condivisione fraterna e caritatevole.
La lunga serie dei racconti si conclude con “Quanno nascette Ninno a Bettlemme” di Maria Cristina Castellani, che narra, con vivacità e partecipazione umana ed emotiva, un suo viaggio nella notte di Natale, insieme a due colleghi ispettori ministeriali, durante il quale incontrano un bambino rattristato dalle vicende familiari a cui cercano di dare conforto.
Ma, dopo i racconti, ci sono ancora le Dolcezze, raccolte in un capitolo finale in cui la Castellani propone una serie di ricette di dolci tipici dell’Avvento e di Natale, rimpianti dell’infanzia e specialità regionali. Sono pagine tra il narrativo e il normativo in cui l’autrice ci confida anche le sue esperienze di cuoca, evidenziando le difficoltà incontrate nella realizzazione delle ricette e i progressivi accorgimenti migliorativi, in testi coinvolgenti, tra ricerca gastronomica e vita vissuta, non solo utili per scopi pratici.
Questi racconti, in definitiva, non sono solo testimonianza di un corso di scrittura creativa, esperienza importante per i partecipanti, parecchi dei quali l’hanno ripetuta in anni diversi, trovando crescita e gratificazione personale, ma documentano anche l’abilità didattica della docente che con le sue lezioni ha davvero insegnato a scrivere delle proprie emozioni, ben applicando la norma del “Descrivendo, narrando, argomentando” (p. 19) che permette di valicare lo stretto ambito della propria individualità e creare racconti di ampia valenza umana.

AA. VV., Calendario dell’Avvento. Racconti e dolcezze, a cura di Maria Cristina Castellani, Genova, De Ferrari Editore, 2025, pp.193, € 18,00.

giovedì 20 novembre 2025

SCRIVERE PER SERVIRE LA VERITA'



Rosa Elisa Giangoia


     La lunga storia, ormai bimillenaria, delle apparizioni della Vergine Maria continua ancora oggi con numerosi episodi, tra i quali negli ultimi quarant’anni ha assunto particolare rilievo l’apparizione a Medjugorje, ove dal 25 giugno 1981 sei ragazzi, bambini e adolescenti, (Marija Pavlovic, Mirjana Dragičević, Ivanka Ivanković, Vicka Ivanković, Ivan Dragičević, Jakov Čolo) dell’allora povero e sperduto paese della Bosnia-Erzegovina nell’ex Jugoslavia, oggi in Croazia, dissero per la prima volta di aver avuto un’apparizione della Madonna e in seguito affermarono di continuare ad avere incontri quotidiane e di ricevere da Lei messaggi per molti anni.
     Il fatto a poco a poco acquisì un grande rilievo e iniziò ad attirare folle di pellegrini, che determinarono un vistoso mutamento socio-economico nel paese, mentre si andava sviluppando una lunga storia in cui dapprima i sei veggenti furono oggetto di interrogazioni da parte della polizia e di accertamenti medici, mentre poi vennero a diffondersi opinioni divergenti di vescovi, teologi, commissioni e analisti, fino al Nihil obstat, concesso nel settembre del 2024 dal Dicastero della Dottrina per la Fede, che, pur non dichiarando la soprannaturalità degli avvenimenti, ha autorizzato i fedeli “a dare in forma prudente la loro adesione”, riconoscendo la bontà dell’esperienza spirituale sorta a Medjugorje e il carattere edificante dei messaggi tramessi dai veggenti, nonché esprimendo l’approvazione di un’esperienza mistica e del messaggio ad essa correlato, confermandone la totale conformità alla dottrina e alla morale cristiana.
     Questa vicenda spirituale e storica ha segnato l’epoca contemporanea e la vita della Chiesa, ponendosi come proposta e nello stesso tempo interrogazioni a tutti, laici e credenti.
      Per dare risposte a questi eventi, che hanno creato anche attese e speranze, si è impegnato Riccardo  Caniato, scrittore e giornalista, nel suo Medjugorje, un’indagine. La mia via per il Paradiso, solo andata in cui presenta un’ampia e accurata serie di testimonianze e nello stesso tempo rivela il suo cammino personale di crescita e convincimento spirituale che l’ha portato da giornalista andato a Medjugorje per la prima volta nel 2001 per ragioni professionali, a diventare un convinto sostenitore di questi eventi grazie ai quali “ha approfondito la sua fede in Gesù e la sua appartenenza alla Chiesa cattolica” (p. 23). Per questo il libro non è un semplice resoconto di fatti, ma assume il valore di un’autobiografia spirituale, testimonianza di una fede accresciutasi e fortificatisi attraverso la conoscenza di questi fatti nell’intrecciarsi di ricordi personali e considerazioni teologiche, anche sulla base degli studi sulle apparizioni mariane, soprattutto del secolo scorso, in cui l’autore si è precedentemente molto impegnato.
     Il testo ripercorre tutti i momenti di rilievo della vicenda in uno stile piano e comunicativo, presentando i numerosi messaggi della Vergine che si sono succeduti nel tempo, incentrati sempre sul tema della Pace e sulla forza della Fede, accennando alle ipotesi sui misteri affidati da Maria ai veggenti e presentando i resoconti dei momenti di incontro con i sei ragazzi cresciuti negli anni e diventati progressivamente adulti impegnati e responsabili nel lavoro e nella famiglia.
     Nelle pagine del libro, oltre a quelle dei veggenti Marija, Ivan, Vicka e Marjana sentiamo la voce di religiosi, convinti sostenitori del carattere soprannaturale di queste apparizioni, come padre Livio Fanzaga, scolopio fondatore e responsabile di Radio Maria, e di padre Jozo, francescano parroco di San Giacomo, dove tutto ha avuto inizio, a cui si aggiungono molti personaggi del posto, come Jelena Vasilij, che fin da bambina ha iniziato a sentire, durante la preghiera, la voce interiore di Maria, e Mario Mijatovic, marito della veggente Vicka. Ci sono poi le testimonianze di tutti coloro che a Medjugorje sono stati miracolati con inspiegabili guarigioni da malattie, scientificamente confermate, e sofferenze, ma anche di quanti hanno trovato la fede e la serenità dello spirito, hanno sentito la vocazione religiosa o hanno ricomposto il loro matrimonio, ad iniziare dalla prima miracolata, Diana Basile, guarita da una sclerosi multipla molto grave. Tra i testimoni si incontrano persone semplicissime e figure di rilievo come la principessa Milona d’Asburgo, che ha dedicato molti anni all’accoglienza dei pellegrini, o Paolo Brosio, noto personaggio televisivo. Grazie a molti di loro c’è stata una ricaduta di buoni frutti, in quanto sono persone che hanno sentito il richiamo a cambiare vita per fermarsi a Medjugorje o anche a trasferirsi altrove per dedicarsi all’assistenza e al servizio di quanti hanno bisogno di aiuto. A tutto questo occorre aggiungere l’attrattiva che questo luogo, privo di ogni caratteristica turistica, esercita ogni anno su migliaia di persone, di età, nazionalità e cultura diversa.
     Riccardo Caniato ha scritto questo libro con molto impegno di studio, ricerca e documentazione, senza intento di voler convincere, ma per rendere testimonianza di tutto quello di cui ha avuto esperienza, nell’intento di servire quella Verità, diventata determinante nella sua vita.

Riccardo CANIATO, Medjugorje, un’indagine. La mia via per il Paradiso, solo andata, Milano, Il Timone 2025, pp. 416, € 18,90.

martedì 5 agosto 2025


GIACOMO PUCCINI TRA REALTÀ E FANTASIA

 Rosa Elisa Giangoia

    In occasione del centenario della morte di Giacomo Puccini, Maria Primerano, scrittrice e pianista classica per passione, cardiologa per professione, ha messo in campo tutta la sua abilità nella ricerca storico-bibliografica di grandi personaggi, nonché le sue competenze musicali e la sua fervida fantasia per ricreare in modo originale, vivace e accattivante la figura del famoso compositore toscano nel romanzo Buon Natele Puccini. La figura del Maestro fa così seguito a quelle di altri musicisti (Mozart, Rossini, Pergolesi, Paganini e il compositore calabrese Leonardo Vinci) e personaggi famosi (Campanella, Modigliani) a cui la Primerano ha dedicato romanzi di successo.
   Con un’abile tecnica narrativa la scrittrice crea in questo suo nuovo lavoro una situazione originale in cui la vicenda reale di Puccini si snoda su uno sfondo fantasioso. Infatti lo scenario è costituito da un presepe napoletano, affollato di personaggi della tradizione partenopea e dell’attualità, in cui si aggiunge la comparsa della nuova figura del musicista, appena arrivato dal suo abituale mondo della lucchesia per unirsi a questa simpatica compagnia.
   Anche per la sollecitazione di altri personaggi del presepe, viene rievocata tutta la vita del Maestro da Antilisca, un fantastico straordinario animale che, nell’immaginario di Puccini, abitava la zona di Torre del Lago. Si parte dall’infanzia, contrassegnata dalla perdita precoce del padre a cui seguirono difficoltà economiche per la numerosa famiglia, poi l’impegno, fin da giovanissimo, in ambito musica, secondo una consolidata tradizione familiare. Ben presto ci fu il trasferimento a Milano, per completare gli studi musicali, e a poco a poco i primi successi in campo operistico, fino all’affermazione a livello mondiale.
   La rievocazione della vita di Puccini viene condotta, molto opportunamente, dalla scrittrice secondo un duplice canale, quello del suo lavoro di compositore, con il succedersi delle varie opere da Le Villi. Manon Lesacaut, Bohème, Tosca, Madame Batterfly, Il Tabarro, Gianni Schicchi, Suor Angelica, fino alla Turandot, rimasta incompiuta per l’improvvisa malattia e la morte del musicista. Tutto questo in un crescendo di riconoscimenti, applausi, consensi della critica ed entusiasmo del pubblico. D’altro lato Maria Primerano tratteggia la realtà dell’uomo Puccini, dalla personalità esuberante e appassionata, amante della caccia e della pesca a Torre del Lago, delle auto di lusso, delle case sempre più eleganti e sontuose, ma soprattutto… delle belle donne. Sfila così tutta una serie di figure femminili che hanno acceso d’amore l’animo del Maestro, a cominciare da Elvira, con cui convisse per parecchi anni, prima di sposarla, appena rimase vedova. A lei Puccini dava occasione di molti sospetti, molte gelosie, molte recriminazioni e soprattutto tanti dispiaceri per il susseguirsi delle sue avventure amorose con altre donne, di varia estrazione sociale e di caratteri molto diversi, da Corinna, “sprovveduta studentessa”, a Sybil Seligman, dell’alta società inglese, dalla cameriera Doria Manfredi, suicidatasi per le false accuse, alla Baronessa Josephine Von Stangel, alla giovane cantante aspirante al successo Rose Ader e alla popolana Giulia Manfredi, cugina di Doria, da cui avrebbe anche avuto un figlio.
   Il Maestro appare così in tutta la realtà di uomo, impegnato nel suo lavoro creativo, ma sovente anche gravato da vicende sentimentali e familiari che offuscavano le sue giornate e appannavano le occasioni di felicità che gli derivavano dai successi musicali.
   Tutto questo viene raccontato dalla scrittrice con espedienti narratologici molto interessanti, condotti su due binari che si intrecciamo, in quanto recupera con attenzione elementi biografici, avvalendosi di una ricca documentazione epistolare e testimoniale, ma nello stesso tempo tutto viene esposto con la frizzante vivacità che deriva dal dialogo che si intreccia con i personaggi del presepe napoletano, tra i quali primeggia Maria a’ purpettara, abilissima nel preparare polpette atte a punire i mariti infedeli…
   Il mondo di Puccini viene rievocato anche grazie a una serie di interessanti foto d’epoca e con un capitolo dedicato alle ricette dei suoi piatti preferiti, soprattutto per cucinare cacciagione e pesci del lago, ma tra cui, ovviamente, non compare quella delle polpette di Maria a’ purpettara, rigorosamente segreta!
   Il Puccini tratteggiato in queste pagine è senz’altro quello reale, un uomo focoso e inquieto, capace di divertirsi e di far divertire, anche con le sue espressioni sovente audacemente boccaccesche, amante della vita per tutto ciò che di bello e di buono può offrire, ma osservato dall’autrice con una forte punta di ironia, temperata dallo straniamento determinato dalla commistione di vero e di fantastico.
   Una lettura davvero piacevole e interessante che ci proietta in quel tempo, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, in cui la vita e i costumi subirono profondi cambiamenti, orientandosi verso la modernità.

Maria PRIMERANO, Buon Natale Puccini, Arezzo, Edizioni Helicon, 2024, pp. 512, € 25,00.

mercoledì 2 aprile 2025

RECENSIONE


 

L’AZZURRO DELLA POESIA

Rosa Elisa Giangoia


La nuova raccolta poetica di Angela Caccia, autrice dalla voce personale, ampia, articolata e complessa, intitolata Di lentissimo azzurro, ci porta subito a spaziare negli orizzonti infiniti della poesia che, con le suggestioni del mare e del cielo, evoca le tonalità del colore azzurro del titolo che sembra farsi correlativo oggettivo della poesia stessa. Si entra così nell’ambito e nel tempo della poesia stessa in cui, senza soluzioni di continuità, quest’alta umana espressione si è sviluppata fin dai versi di Omero, ricchi di maestria letteraria e di sapienza esistenziale. Quell’Omero che ricompare all’inizio del testo, nella prima lirica: “Sarà servito a qualcosa / leggere Omero” (p. 11) in cui la poetessa sembra volersi ricollegare direttamente a una sua precedente raccolta, Accecate i cantori, evidenziando la lucida profetica saggezza dei poeti, visionari nella loro cecità, come l’aedo greco.
Omero ha aperto un mondo, ha regalato una prospettiva: quella di vedere ciò che ci circonda per raffigurarlo e valutarlo attraverso la poesia. Così anche Angela Caccia guarda e ripercorre il suo mondo, cioè il suo itinerario esistenziale, sub specie carminum, nell’ossimorico intreccio di luce e ombra che ci viene proposto dal suo stile fortemente analogico.
La riflessione della poetessa è incentrata sulla vita, nella sua pluralità di esperienze, nel suo svilupparsi nel tempo, che lei sa bene essere incontrollabile e misteriosa, in quanto “la condizione umana” è “un circolo vizioso del perdersi e ritrovarsi” (p. 12) in cui a fatica può penetrare la poesia, aprendo l’ipotesi che al di là ci sia “una bellezza intatta”. (ibid.) La vita è qualcosa di incompiuto nel suo mistero: “In questo campo da coltivare a / spaglio / tra neve e grano / il nostro imperfetto accade (p. 66). La vita, però, aggiunge continuamente conoscenza e consapevolezza, soprattutto con le esperienze del dolore, della sofferenza, come già insegnavano i tragici greci con la teoria del pàthos/màthos: “Mi pesa la parte di me ferita che / carico ogni giorno sulle spalle / con la stessa cura di Enea per Anchise. / A sera / ho un piccolo raccolto di cui non / vado sempre fiera” (p. 39). Misteriosa è anche la poesia, tanto che la poetessa suppone che essa chieda: “…cosa / rimane in te della mia voce?” (p. 14) a cui può solo rispondere: “vorrei parlarti di questa nostra / vena aperta / e di tutto il silenzio che resta” (ibid.) ma ben conosce la difficoltà del dire, consapevole che “Nessun verso ha il colore del pieno e / chi ne scrive sa / sa che […] / continua a galleggiare nei suoi silenzi”. (p. 17)
Intensa è la riflessione si Angela Caccia sulla poesia che sente nascere con timore e stupore nell’intreccio delle azioni quotidiane: “Qualcosa avverrà da qui a breve / un distico / forse una strofa intera – forse / c’è un legame con l’acqua che ora trabocca dalla pentole / o col sogno che insegui a pezzi” (p. 47) di fronte a cui si percepisce come “il ragno / che finalmente intreccia le sue tele” (p. 48), capace cioè di creare qualcosa di stabilmente compiuto. Ma si sofferma anche nel tentativo di definire la poesia, quel fecondo tentativo di congiungere parole che consolino e orientino: “La parola che pesa / si trasforma in seme: la interri / e mentre semini / cresce il tuo desiderio di crescere / e con lei stare bene in quello / smottamento che resta solitario / e mai realmente solo” (p. 61).
Profonda è la riflessione sulle situazioni dell’umana esistenza, come l’infrangersi di rapporti interpersonali positivi: “Noi / che fummo voce e linguaggio / l’uno all’altro / ora / ci guardiamo di sfondi / ognuno da un confine di croci” (p. 13), ma anche sulla drammatica impossibilità di modificare il nostro passato: “Poter tornare indietro e scegliere / magari / l’alternativa scartata…” (p. 24), nell’unica certezza di andare inesorabilmente verso la fine del nostro esistere: “Chi pensava / di doverla scontare la gioventù?! […] Presto o tardi saremo tutti Lee Masters / parleremo anche noi con la voce dei morti”. (p. 26)
A rimanere immutato è lo scorrere del tempo nel mondo della natura con il susseguirsi delle stagioni, a cui la poetessa dedica versi con tocchi descrittivi e riflessioni esistenziali: “Una folata scosse il leccio” (p. 18) apre un quadro dell’autunno, contrassegnato da una punta di rammarico, mentre in Qui da me viene tratteggiato “un maggio qualunque” (p. 19) e in Da dove vieni? Dove sei stata? la poetessa evoca “l’estate più speziata”. (p. 21)
Emerge anche una vena di poesia civile, teorizzata in Capita (“ma la poesia civile è sangue – indelebile / nell’affronto/confronto / bianco e nero Yin e Yang”, p. 169) che trova voce di responsabilità e denuncia in La parola di fronte al naufragio di migranti con “cento morti” (p. 23) a Steccato di Cutro.
Le riflessioni, le emozioni, le esperienze, gli stati d’animo sono la sostanza della poesia di Angela Caccia, ma tutto questo nei suoi versi si fa espressione lirica attraverso una fantasmagoria di immagini evocative di forte originalità, di ricercatezze espressive finalizzate a un discorso sapienziale che non offre risposte, ma invita alla riflessione e alla ricerca nella dimensione interiore ed esteriore.
Come ogni poesia, anche quella di Angela Caccia, nasce dall’esperienza del mondo e della vita personale, ma acquista valore e interesse per l’originalità del piano espressivo: il suo è un linguaggio di forte originalità creativa, sostenuto da un’efficacia espressiva che sa farsi comunicativa. Questo nasce dalle metafore ardite, dalle sinestesie forti, dall’aggettivazione spiazzante per accostamenti di campi semantici disomogenei fin dal sintagma del titolo “lentissimo azzurro”, capaci di creare quelle onde si suggestioni espressive che percorrono e sostengono tutta la silloge poetica.

Angela CACCIA, Di lentissimo azzurro, Pasian di Prato (UD), Campanotto Editore, 2024, pp. 69, € 13,00.