Rosa
Elisa Giangoia
Con
la nuova silloge poetica Nel fiato umido dell’autunno Mariangela De
Togni prosegue il suo percorso lirico incentrato sulla meraviglia di fronte
all’apparire di ciò che cade sotto il suo sguardo, sempre rivestito da
un’attrattiva di novità. Costante è la percezione del mistero della novità
degli elementi consueti che sempre si rivelano «in un ventaglio / di
possibilità» (Nel porto liquefatto), identici e, nello stesso tempo,
nuovi sono il «cielo d’indaco», «il cerchio sbiadito / della luna», «le
stelle», il «cielo vellutato», «le verdi pareti del mare». Il senso di novità,
che porta la poetessa fino allo smarrimento, è dato dalle immagini stranianti
del suo spirito che approda «nel porto liquefatto di stelle, / dove, sotto i
portici / della notte, si vendono / onde di scoglio» in un susseguirsi di
sfondamenti del muro del naturalismo che prelude ad oltrepassare la realtà per
riparare «sotto una gronda divina, / per non smarrire / la polifonia
dell’esistenza».
In
questa prima lirica della raccolta è già racchiusa e compiutamente espressa la
personale tonalità di questa nuovo libro di Mariangela De Togni che con le
parole sapienti della poesia sa ricomporre «frantumate / lontananze»,
collegando il tempo con l’eterno e attivando la capacità di «vedere nel
profondo / dell’anima», dove si avverte «nel silenzio / l’accorata salmodia /
del cuore».
Quello
che appare da queste poesie è un mondo di luce, che diventa metafora e simbolo
di speranza, da cui l’anima «sale a veleggiare nel cielo» in quella tensione
ascensionale che è sempre anelito d’incontro con il “tu” che partecipa e
condivide comunanze di privilegiata esperienza in un intenso e fiducioso
dialogo che trapassa la realtà per attingere ad una più alta esperienza di comunicazione
con un Tu, assoluto e universale, ma pur sempre venata di interrogativi
sostenuti da fiducia e speranza (Vento di Sion).
Le
poesie di Mariangela De Togni sono intessute di immagini di luminosa bellezza
in cui si fondono la luce, i colori, i profumi, i fiori, il vento, i frulli
delle ali per creare paesaggi di intensa e straordinaria suggestione in un
trapassare metamorfico di attrazioni. L’atmosfera di queste liriche è
rarefatta, sospesa in una magia di elementi della natura che dialogano in un rapporto
vitale che la poetessa percepisce in modo privilegiato e vive in una dinamica
di personale interna ascesa che nasce da intime emozioni affidate alla poesia,
in quanto «Scrivere è estrarre / dalla propria anima la bellezza; / un bisogno
interiore» (Perché scrivere se scarto il silenzio).
Queste
liriche dimostrano ancora una volta, come nella precedente produzione di
Mariangela De Togni, una fede profonda e sincera, vissuta in gioiosa armonia,
senza appesantimenti dottrinali e pastoie confessionali, fondata sulla
consapevolezza che «Dio è un’occasione di stupore ancora più grande» (Queste
tue mani). È una fede nell’assoluto, percepito come entità presente nel
pulsare della vita nelle sue varie manifestazioni, alla cui contemplazione ed
esaltazione la poetessa destina il suo canto. Dice infatti: «cercando / ai
bordi del tempo / l’impronta divina / e nei sospiri / delle cose» (Attesa
leggera). È questo un canto che dà gioia e serenità a lei che scrive e in
cui in positivo coinvolge i lettori con un’attraente atmosfera di pacificazione
interiore, grazie ad una spiritualità profonda e autentica.
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