venerdì 21 giugno 2019

RECENSIONE

Rosa Elisa Giangoia

Con la nuova silloge poetica Nel fiato umido dell’autunno Mariangela De Togni prosegue il suo percorso lirico incentrato sulla meraviglia di fronte all’apparire di ciò che cade sotto il suo sguardo, sempre rivestito da un’attrattiva di novità. Costante è la percezione del mistero della novità degli elementi consueti che sempre si rivelano «in un ventaglio / di possibilità» (Nel porto liquefatto), identici e, nello stesso tempo, nuovi sono il «cielo d’indaco», «il cerchio sbiadito / della luna», «le stelle», il «cielo vellutato», «le verdi pareti del mare». Il senso di novità, che porta la poetessa fino allo smarrimento, è dato dalle immagini stranianti del suo spirito che approda «nel porto liquefatto di stelle, / dove, sotto i portici / della notte, si vendono / onde di scoglio» in un susseguirsi di sfondamenti del muro del naturalismo che prelude ad oltrepassare la realtà per riparare «sotto una gronda divina, / per non smarrire / la polifonia dell’esistenza».
In questa prima lirica della raccolta è già racchiusa e compiutamente espressa la personale tonalità di questa nuovo libro di Mariangela De Togni che con le parole sapienti della poesia sa ricomporre «frantumate / lontananze», collegando il tempo con l’eterno e attivando la capacità di «vedere nel profondo / dell’anima», dove si avverte «nel silenzio / l’accorata salmodia / del cuore».
Quello che appare da queste poesie è un mondo di luce, che diventa metafora e simbolo di speranza, da cui l’anima «sale a veleggiare nel cielo» in quella tensione ascensionale che è sempre anelito d’incontro con il “tu” che partecipa e condivide comunanze di privilegiata esperienza in un intenso e fiducioso dialogo che trapassa la realtà per attingere ad una più alta esperienza di comunicazione con un Tu, assoluto e universale, ma pur sempre venata di interrogativi sostenuti da fiducia e speranza (Vento di Sion).
Le poesie di Mariangela De Togni sono intessute di immagini di luminosa bellezza in cui si fondono la luce, i colori, i profumi, i fiori, il vento, i frulli delle ali per creare paesaggi di intensa e straordinaria suggestione in un trapassare metamorfico di attrazioni. L’atmosfera di queste liriche è rarefatta, sospesa in una magia di elementi della natura che dialogano in un rapporto vitale che la poetessa percepisce in modo privilegiato e vive in una dinamica di personale interna ascesa che nasce da intime emozioni affidate alla poesia, in quanto «Scrivere è estrarre / dalla propria anima la bellezza; / un bisogno interiore» (Perché scrivere se scarto il silenzio).
Queste liriche dimostrano ancora una volta, come nella precedente produzione di Mariangela De Togni, una fede profonda e sincera, vissuta in gioiosa armonia, senza appesantimenti dottrinali e pastoie confessionali, fondata sulla consapevolezza che «Dio è un’occasione di stupore ancora più grande» (Queste tue mani). È una fede nell’assoluto, percepito come entità presente nel pulsare della vita nelle sue varie manifestazioni, alla cui contemplazione ed esaltazione la poetessa destina il suo canto. Dice infatti: «cercando / ai bordi del tempo / l’impronta divina / e nei sospiri / delle cose» (Attesa leggera). È questo un canto che dà gioia e serenità a lei che scrive e in cui in positivo coinvolge i lettori con un’attraente atmosfera di pacificazione interiore, grazie ad una spiritualità profonda e autentica.

Mariangela De Togni, Nel fiato umido dell’autunno, Rimini, Fara Editore, 201

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