domenica 27 giugno 2021

DUE POESIE

 Da Buffalo (USA) Andrea Guiati e Celeste Varetto ci hanno mandato queste due poesie in versione bilingue.


Silence of the Heart                                             Il silenzio del cuore

I am alone for a while                                         Sono solo per un po’

And find me thinking                            E mi ritrovo a pensare

About His place on earth                                      Al Suo posto sulla terra

From the silence all around                                  Dal silenzio tutt’attorno

I hear a voice so profound                                    Odo una voce dal profondo

 

I walk on clouds I have never seen                        Passeggio su nubi che non ho mai visto

I swim in oceans that don't exist                            Nuoto in oceani che non esistono

I smell flowers I have never picked                       Annuso fiori che non ho mai colto

The world within me has                                        Il mondo dentro me tiene

Your face your shape your smell                            Il tuo volto la tua forma il tuo profumo

 

I locked the silence in my heart                             Ho rinchiuso il silenzio nel mio cuore

I am afraid to let it go                                           Ho paura di lasciarlo andare

To lose the treasure I have hidden                         Perdere il tesoro che ho nascosto

Don’t touch that key it holds my fears                  Non toccar quella chiave tiene le mie                                                                                                                                                                                                    paure

My happiness my tears                                        La mia felicità le mie lagrime

 

I walk on streets never known                               Passeggio su strade mai conosciute

I cross bridges not yet built                                  Attraverso ponti non ancora costruiti

I sing of loves I have never found                         Canto amori che non ho mai trovato

As I climbed mountains to the top I find               Mentre scalo montagne fin in cima trovo

Your face your shape your smell                           Il tuo volto la tua forma il tuo profumo

 

© Andrea Guiati and Celeste Varetto 2021



Can’t Fight Me Love                                  Non posso combattere l'amore                                                                                                                                                         

At last I made up my mind                          Finalmente ho deciso che

I’ll try my luck with your kind                   Ci provo con una come te

With moonlight eyes silk-like skin              Occhi di luna pelle di seta

You were the twin for me to win                 La mia gemella la mia metà

                                             

Will you come back this way?                    Ritornerai mai qui intorno?

Will you stay one more day?                      Puoi stare ancora un giorno?

Why are you goin’ away?                           Perché te ne vuoi andare?

Why not take a chance and stay?                 Perché non rischiare e restare?

 

Mystical woman at the county fair              Mistica donna alla fiera del villaggio

Men and women sigh and stare                   Uomini e donne sospirano al miraggio

Everyone dreamin’ to hold you tight           Sognan tutti di stringerti fortemente

Couldn’t fight love at first sight                   Combattendo l’amore inutilmente

 

Will you come back this way?                    Ritornerai mai qui intorno?

Will you stay one more day?                      Puoi stare ancora un giorno?

Why are you goin’ away?                           Perché te ne vuoi andare?

Why not take a chance and stay?                 Perché non rischiare e restare?

 

I feel the love and all its powers                 L’amore ha il soppravvento

Sleepless in the midnight hours                  Insonne sicuro del suo portento

Standing all alone in the rain                      Solo solingo sotto la pioggia

Looking for comfort to my pain                 Senza saper dove il dolore poggia

 

Will you come back this way?                    Ritornerai mai qui intorno?

Will you stay one more day?                      Puoi stare ancora un giorno?

Why are you goin’ away?                           Perché te ne vuoi andare?

Why not take a chance and stay?                 Perché non rischiare e restare?

 

© Andrea Guiati  and Celeste Varetto 2021

 


sabato 5 giugno 2021

DUE POESIE

 di Franco Zangrilli


Ogni giorno


Ogni giorno dispero,
non trovo un pensiero,
né un nuovo sentiero.


La penna non porta aiuto,
non si riscalda la mano,
maestra di ogni rifiuto.


Quella luna non si vede,
fa perdere la fede,
non so chi ci crede.





Una volta a Manhattan


Una volta a Manhattan c’era
una peste gialla,
non si pensava a un’altra primavera.

Le maschere erano amiche,
ornate di ogni disegno e colore,
indossate da inquiete formiche.

Da un alberò arrivo un miracolo,
una pietra sorrise,
i manichini spiccarono il volo.





 

venerdì 4 giugno 2021

A SPASSO NEL PASSATO E NEL PRESENTE DELLA GRANDE STORIA DI GENOVA

di Benito Poggio

Raffinatissime e assai ben motivate, tanto la dotta e più concisa “Prefazione”, che si deve al puntiglio culturale e alla vasta erudizione di Rosa Elisa Giangoia, affermata poetessa e saggista, quanto l’estesa e approfondita “Nota di lettura”, alla quale si è dedicato con pregevole impegno e assiduo fervore Stefano Termanini, editore dalle notevoli capacità critiche di commentatore.
E sono proprio esse, intendo “Prefazione” e “Nota di lettura”, che danno enfasi particolare e speciale valore risalendo nei suoi tratti più singolari l’opera “Le antiche mura” di Rita Parodi Pizzorno.
Lei che dice di sé “amo essere in solitudine” (I, v. 112, pag. 19) e vivere “far from the madding crowd”, compare qui

– “segregata all’ombra
delle mura di casa” –

nell’inconsueta veste di medievale “ménestrel” (o cantastorie), dedita a recitare e cantare il suo encomiastico poemetto protratto con disinvolta e arguta grazia.
Spiegazione illuminata è quella offerta da Termanini per il titolo: a suo dire, esso delimita e indica con persuasiva certezza “il perimetro difensivo della città antica, il cuore, l’essenza, l’identità di Genova” (pag. 87).
Nella sua “Prefazione”, con estrema e rigorosa chiarezza, la prefatrice Rosa Elisa Giangoia puntualizza dell’autrice la capacità creativa di “una geografia del possibile che amplia tutte quelle che sono le nostre prerogative abituali, infrangendo confini e superando distanze” (pag. 5); quindi rintraccia come nei versi della Pizzorno “la città di Genova si carichi di una forza storica e umana dirompente e diventi luogo di esperienze fondanti dell’esistenza umana” (pagg. 6-7) di grandi personaggi del passato e del presente, ma anche della sua personale; conclude, infine, affermando e sostenendo che proprio per tali motivazioni “il poemetto Le antiche mura appare come un motivato e valido omaggio a Genova, ma anche – e mi trovo d’accordo – come un fiducioso auspicio” (pag. 9).
Termanini nella sua “Nota di lettura” ripensa, se non tutti, almeno magna pars dei contenuti del poemetto e, meritoriamente, ripercorre all’unisono la davvero copiosa attività letteraria, in prosa e in poesia, della Pizzorno.
Inoltre, e segnatamente lo colgo come pregio critico-ecdotico, pone l’accento, oltre che sui binomi speculativo-concettuali “movimento-viaggio” (tipico topos pizzorniano) e “lentezza-meditazione poetica”, sull’interessante punto di vista “prigionia-assenza” connesso al covid 19, che per la nostra autrice – qui sta il punto di estrema verità – da status sommamente negativo e dannoso si fa circostanza positiva e felice.
Non manca di riportare a riprova quanto segue: “L’assenza della gioia del libero godimento della propria città, perché reclusi a causa della pandemìa, è, per converso, quasi un’occasione.” (pag. 81) e prosegue nei seguenti termini di veridicità: “Rita Parodi Pizzorno la coglie: per riscoprire la profondità delle proprie radici, l’intimo legame con il «suolo natìo»” (ib.).
E vengo ora direttamente all’autrice, Rita Parodi Pizzorno, la quale, instancabile nel suo lavoro di scrittrice al pari di tante altre “personalità ispirate e creative”, non s’è lasciata affatto sopraffare da “un ospite indesiderato” (I, v. 549, pag. 41): il covid 19, dilagante ovunque a diffondere “l’angoscia, lo sgomento” (ib., v. 550), ma ha reagito con la sua mente e nella sua mente percorrendo a passo talvolta affaticato ma sicuro e a voce spiegata – come l’antico trovatore – un diffuso, affascinante e inarrestabile viaggio nel tempo e fuori del tempo, lungo le secolari vicende che costituiscono la grande storia della sua città natale, la superba Genova circoscritta tra

“le antiche mura di pietra
annerite dai secoli”
(I, vv. 1-2, pag. 13),

unendo e inserendo passim il vissuto delle sue personali esperienze di vita giovanile.
D’acchito ho pensato altresì all’albionica Virginia Woolf e alla sua “A Room of One’s Own” (“Una stanza tutta per sé) che, in tempi forse, sotto tanti aspetti, ancor più misogini di quelli odierni, a ragione propugnava “a woman must have… a room of her own”: a intendere che la donna scrittrice, come ogni singola donna, ha l’inalienabile e sacrosanto diritto di avere, oltre ad altre sue personalissime cose, in ispecie una stanza tutta sua e solamente sua, adibita a “locus amoenus” ad altri impenetrabile.
Ed io – seduta alla sua scrivania e tutta intenta alla sua composizione – la vedo la nostra scrittrice riempire fogli su fogli di pensieri espressi in versi liberi, accurati e non privi di cadenzata musicalità, che diventano corposa narrazione e descrizione di fatti storici misti, come detto, alle evenienze della sua vita: il tutto cantato e narrato non in successione cronologica, bensì senza un ordine o un assetto prestabilito.
Tuffata, nel suo “grand tour” mentale, in una storia globale e onnicomprensiva la poetessa aspira a cantare e raccontare “per versi”, fluidi e distesi, un lunghissimo viaggio che ha, se si vuole delinearlo altrimenti, l’andamento di un altrettanto lunghissimo “daydream”, vale a dire un sogno ad occhi aperti fantastico e realistico insieme, fantasioso e in una concreto, sollecitato dall’isolamento coatto e timoroso, a proposito del quale l’autrice così si esprime:

“Mi rifugio nel mio passeggio
immaginario e misterioso
per non incontrarmi
con un ospite indesiderato”
(I, vv. 546-549, pag. 41)

e, al pari e sulle orme – peraltro citato a pag. 17 – dell’annalista Caffaro, ma qui in versi, naviga a vista, ma sicura tra le secche di una millenaria realtà storica, storicamente accertata e storicamente indagata dal più lontano ieri a lei suggerito mentre “a passo lento e affaticato” ((I, v. 168, pag. 22) sale i viali alberati dell’Ospedale San Martino, sulle cui alture, così prosegue nella narrazione:

“sorge solitario e ombroso
il castello di Simone Boccanegra,
presenza metafisica
del primo doge di Genova.”
(I, vv. 177-180, pag. 22)

al più recente oggi in cui con acre dolore rammenta l’amara tragedia del ponte Morandi che ha provocato ben 43 vittime innocenti e che mi piace qui riportare nella sua crudezza a cui l’autrice porge nel contempo fredda analisi e sapore preromantico:

“Era un’alba grigia e nebbiosa,
una tempesta di pioggia e fulmini
imperversava al nostro risveglio…
quando il ponte Morandi crollò.
Increduli si guardava quel vuoto:
“Impossibile!”
Afflitti ma non vinti...”
(I, vv. 113-119, pag. 19)

La cronaca poematica della Pizzorno, in cui si succedono senza sosta e senza soluzione di continuità fatti tutt’altro che oscuri, personaggi illustri e significativi momenti della sua vita più personale, comprende quasi milleduecento versi (1.196 per la precisione), suddivisi in due sezioni:
*più ampia la prima sezione che, sviluppandosi da pagina 13 a pagina 50, conta ben 715 versi;
*più contenuta la seconda sezione che si estende da pagina 51 a pagina 76 e annovera 481 versi.
L’andamento calmo e solenne di cantabile, piano e discorsivo nell’eloquio, risulta di facile presa e di immediata lettura riuscendo a dar vita e con linea garbata a favorire una piacevole e totale immersione nelle vicende storiche del passato e del presente ivi narrate con sincerità d’animo e senso di convinta e orgogliosa identificazione con la storia: si veda, ad esempio, l’insistenza anaforica del possessivo nei sette versi che si leggono a pagina 45 e che la completano.
A questo punto sono spinto a evocare, non solo “dalla cintola in su”, ma in tutta la loro possanza e possente immagine, storiche e potenti figure che emergono drammaticamente ed energicamente:
- da un lato ecco gli sfortunati e sconfitti Gian Luigi Fieschi e il figlio Giannettino, entrambi

“immolati sull’ara del sacrificio
da una congiura funesta”
(I, vv. 233-234, pag. 25)

- dall’altro, volitivo e grave, s’impone “il principe-ammiraglio” (ib. v. 237, pag. 25) Andrea Doria (perché non D’Oria?) dalla “forte tempra” (ib, v. 225, pag. 24), del quale, nominato “Padre e Difensore della Patria”, la scrittrice non solo sa cogliere dal noto ritratto “l’espressione grave” (ib.) e “una ferrea volontà” (ib.), ma altresì ne riferisce come segue:

“Difese la città:
represse le congiure,
compiute le vendette,
si conquistò
l’appoggio dei Genovesi."
(I, vv. 227-231, pagg. 24-25)

aggiungendo che, scoperto il complotto,

“La repressione di Andrea fu cruenta:
la confisca dei feudi,
la condanna dei congiurati,
l’assedio del castello di Montoggio
distrutto per sempre.”
(ib., vv. 242-246, pag. 25)

La medesima repressione e la medesima distruzione da parte del filospagnolo anniraglio subirà la filofrancese Savona che, arresasi dopo lungo assedio, una volta sottomessasi subirà l’onta di vedere il suo porto irreparabilmente interrato e annientato.
All’autrice tanto nome non può non richiamare però l’infausto e luttuoso episodio, nel 1956, del subitaneo affondamento del transatlantico “Andrea D’Oria, regina dei mari” (ib., v. 259, pag. 26) che “Ora giace in fondo all’oceano” (ib., v. 263), ribadito con partecipato dolore da chi ne vide il varo: “Ora giaci in un profondo abisso” (II, v. 349, pag. 69).
E nel proseguimento del suo convincente storico resoconto ecco, con tutta la sua fascinosa cronistoria di ospitalità,

“La Commenda si svela improvvisa
solenne nel suo triplice loggiato”
(ib, vv. 331-332, pag. 29)

Ma per chi voglia rileggerla, in “Nota di lettura” – ne indicherò alcuni – si toccano svariati altri segnali presenti nel poemetto e meritevoli di nota perché dell’autrice sanciscono memoria poetico-narrativa e capacità di connubio “tale da rendere il passato presente” (pag. 103).
Essi sono
- “la città in salita” (pag. 100) di tinta caproniana con le sue “tortuose salite e ripide scalinate” (II, v. 3, pag. 51);
- il richiamo a “viaggiatori, scrittori e poeti che visitarono Genova (e la Liguria)” (ib.): ad essi e a Genova dedicò più d’una pubblicazione lo scrittore e saggista Giuseppe Marcenaro, citato in nota a pag. 105;
- il porto ove le gru ormai disoccupate (pag. 101) agli occhi della poetessa appaiono “braccia tese al cielo” (II, v. 50, pag. 53);
- la spiaggia e il mare d’antàn della Foce nelle cui acque, foscolianamente, giacque il corpo dell’autrice (pag. 102), allora ancora “acerba ninfa” (II, v. 114, pag. 57);
- Staglieno rievocato anche da E.L. Masters, all’interno della sua “Spoon River Anthology” (pag. 104), come il “Camposanto” par excellence, di cui l’autrice offre note estese e precise (pag. 59 e sgg.);
- il Bisagno delle disastrose alluvioni, per lei “furioso color del fango” (II, v. 259, pag. 64), già visto, indovinato e descritto in tali termini anche da Stendhal (pag. 105);
- “l’antica abbazia di San Giuliano” (II, v. 403, pag.73): valeva forse la pena ricordare che vide la presenza e fu rifugio di un Guido Gozzano in cerca di sollievo fisico e di pace interiore (pag. 107).
Serpeggia, celato nell’opera, anche il rimpianto per la perduta età della propria giovanezza: rimpianto posto in essere e in evidenza nella chiusa terminiana e che si fa cogente necessità, specie coll’avanzare dell’età di ognuno, della riappropriazione del tempo trascorso.
E molti altri ancora sarebbero i loci poematici toccati tanto in “Prefazione” dalla Giangoia quanto in “Nota di lettura” da Termanini: indubbiamente varrebbe la pena citarli tutti, ma son certo che saprà coglierli il lettore a sue spese, tuffandosi a capofitto nella lettura di “Le antiche mura”.
E che aggiungere, in chiusura, a proposito delle magiche e selezionate illustrazioni, una decina scarsa?
Esse, che hanno lo stesso colore annerito della pietra delle antiche e solide mura genovesi, si devono all’artistica e ricercata matita di Elisabetta Sacchi Nemours.
Con le loro linee decise e marcate sgorgano dalle pagine e le stipano con la forza invadente propria di magistrali incisioni suggestivamente descritte e dettagliatamente delineate nei minimi particolari, ricreando de visu costruzioni, edifici, portici, monumenti e altro ancora, a ideale e malioso contorno dei versi distesamente cantati dall’autrice.
Un’ultima annotazione merita l’accurata e luminosa prima di copertina che riporta la vigorosa immagine di “San Giorgio/mentre trafigge il drago” (I, vv. 591-592, pag. 43), il cui abile restauro lo si deve a Raimondo Sirotti scomparso di recente.

*RITA PARODI PIZZORNO, Le antiche mura. Prefazione di Rosa Elisa Giangoia. Nota di lettura di Stefano Termanini. Disegni di Elisabetta Sacchi Nemours. Serel International, Genova, Stefano Termanini Editore, 2021, pp. 108, € 12,00.


mercoledì 2 giugno 2021

RECENSIONE

 


UNA VITA PER LA SCUOLA

Rosa Elisa Giangoia


Viene un momento della vita in cui si sente la necessità di guardare indietro, di riconsiderare tutto quello che abbiamo vissuto, non solo per farne una valutazione, ma quasi per riappropriarsene e riviverlo proustianamente attraverso le parole, tanto che ne rimanga memoria, non solo per gli altri, anche per se stessi. Questo capita sovente nell’occasione agro-dolce del pensionamento, quando si vive il distacco dal mondo del lavoro, in modo ambiguo, un po’ come liberazione da un impegno, ma anche come perdita di tante cose, tra cui talvolta pure di quel potere che magari si è riusciti a raggiungere con tanto impegno e che si vede improvvisamente sfumare, come De Sica in un film famoso…
Queste sono state indubbiamente le sensazioni che hanno indotto Renato Dellepiane a ripercorrere con il ricordo e con la penna la sua vita nel momento della conclusione della sua lunga carriera scolastica con il pensionamento da un liceo genovese. Il distacco dalla scuola è stato certo un momento incisivo nella sua vita, come per molti di noi insegnanti, che non abbiamo conosciuto altri ambiti di lavoro e di vita, soprattutto noi di una generazione che sovente siamo ri-entrati a scuola proprio il giorno dopo esserci laureati, se non già qualche mese prima, come Dellepiane, passando rapidamente dall’altra parte della cattedra!
Nelle pagine di questo libro, attraverso il recupero memoriale dell’autore, viene fuori tutta la storia della scuola italiana e dei suoi rapporti con la società dagli anni difficili del dopoguerra fino agli inizi del nuovo millennio. Un lungo periodo in cui la scuola ha subito la sua più profonda trasformazione con l’aprirsi progressivamente, ma velocemente, a tutti, il che è stato senz’altro positivo, ma nello stesso tempo ha messo in evidenza tanti problemi derivanti dall’aver mantenuto nelle superiori l’assetto gentiliano, a cui il succedersi di riforme per lo più parziali, non sufficientemente sperimentate e verificate, anche per il turbinio di Ministri succedutisi in quel dicastero, non ha permesso di adattarsi per rispondere pienamente alle nuove esigenze.
Tutto questo ha osservato l’occhio attento di Renato Dellepiane, scolaro, studente, docente e preside, già dotato fin dagli anni giovanili di un vivo senso critico che si è venuto affinando negli anni per il suo intenso e appassionato dedicarsi allo studio e all’insegnamento, per cui la capacità di valutazione si è acuita con l’esperienza nella pratica quotidiana.
Il racconto si fa particolareggiando con riferimenti a tanti episodi di vita, sempre significativi, che rivelano l’impegno di Renato Dellepiane professore e preside, attento alle varie situazioni che si sono venute a creare nella scuola, sempre disponibile con i suoi studenti, che l’hanno ricambiato e continuano a farlo, con apprezzamento e affetto. Ma la scuola è una comunità, una comunità educante, in cui i docenti non sempre si trovano in sintonia tra di loro nei metodi e nelle valutazioni, per cui anche per Dellepiane ci sono state occasioni di incomprensioni e attriti di cui parla con molta sincerità, ma anche con l’onestà e la sicurezza di aver sempre cercato di agire per il bene degli studenti, senza aprioristiche difese di corporativismo professionale.
Nel racconto si delinea la figura di un docente e soprattutto di un preside a cui le tante incombenze organizzative e burocratiche non hanno spento la passione per lo studio, per la lettura, in quanto emerge sempre il letterato, come testimonia l’essersi dedicato, con due validi amici, alla stesura di un manuale di storia e antologia della Letteratura Italiana per le scuole superiori, in quegli anni in cui si era veramente alla ricerca di nuove metodologie per le singole discipline, e come appare anche in questo libro per il costante contrappunto tra episodi, riflessioni, argomentazioni e memorie letterarie, sempre scelte in modo estremamente appropriato e con finezza di gusto.
Le vicende, pur sempre vive, si allontanano nel tempo, emerge qualche dubbio, qualche rimpianto, a conforto c’è la coscienza di aver sempre operato con le migliori finalità e il perpetuarsi di molti rapporti di solidarietà amicale, forse il meglio, insieme agli affetti familiare che possa avere una persona come Renato Dellepiane la cui vita è stata tutta “dentro” la scuola, in modo totalizzante, tanto che con
sincerità e aperta confidenza parla anche delle sue vicende familiari e sentimentali, anche queste vissute nel mondo della scuola, quasi testimonianza di un’incapacità psicologica a uscire dall’ambito di vita prescelto.
Il libro si rivela una narrazione avvincente come un romanzo, anche se chi legge avverte verità e sincerità da parte dell’autore, senza finzioni né fantasie, ma al tempo stesso attraverso queste pagine si rivede la nostra storia recente tramite l’occhio di un osservatore dall’intelligente senso critico, per cui si è indotti a soffermarsi a riflettere, per confrontarsi con le sue posizioni e approfondire molte questioni.

RENATO DELLEPIANE, Vita di scuola. Scuola di vita, Genova, De Ferrari Editore, 2021, pp. 356, € 18,00.