mercoledì 17 novembre 2021

RECENSIONE

 

Rosa Elisa Giangoia


La vita, nel nostro mondo, nelle nostre città e nei nostri paesi, sul mare e in campagna, è tanto cambiata nel giro di un secolo che possiamo dire che il nostro passato va riscoperto, non nei grandi avvenimenti della Storia, che possiamo conoscere dai libri, ma nella realtà della vita quotidiana che va recuperata attraverso l’indagine e la ricerca anche di piccole tracce che, messe insieme con intelligenza e quel tanto di fantasia che aumenta l’immaginazione, ci dà la possibilità di ricostruire il passato della vita di tutti i giorni, con un procedimento che potremmo definire di “invenzione della realtà”
È quello che ha fatto con molta abilità Miriam Pastorino nel suo romanzo Berta. Eroina di un tempo lontano in cui, ispirandosi alle vicende di una sua antenata, ha ricostruito la vita di uno dei piccoli paesi montani dell’entroterra ligure in Val Leira, zona nota per il santuario di Nostra Signora dell’Acquasanta, costruito tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento, in seguito a un’apparizione mariana e ad avvenimenti miracolosi, ma territorio importante anche per il gran numero di cartiere che l’hanno reso il secondo in Italia per questo genere di attività, dopo Fabriano.
È un mondo popolato da persone che, pur con diversità socio-economica, vivono nella semplicità del lavoro nelle varie cartiere e nelle attività ad esse connesse, come quella dei carrettieri che portano la carta nel porto di Genova per imbarcarla e farla arrivare nelle più diverse destinazioni. Questo è anche il lavoro di Tomàs Piccardo, venuto dalla Catalogna e lì stabilitosi, dopo il matrimonio con Cassia: una bella famiglia la sua, con quattro figli maschi, in rapida successione, una bimba, Berta appunto, e un altro maschietto. Appena i primi figli crescono, iniziano a lavorare con il padre, per cui la loro attività si organizza bene con buoni guadagni, mentre Berta aiuta in casa la mamma, rendendosi utile con l’occuparsi del fratellino.
È lei la protagonista di tutto il romanzo, fin da bambina una personcina coraggiosa fino ad essere spericolata, amante dei giochi e delle avventure da maschiaccio, imprudente nei comportamenti con il fratellino per cui viene criticata e guardata con un certo sospetto da tutti i vicini.
Infatti intorno a questo nucleo familiare c’è il piccolo borgo di Campogennaio, che vive di relazioni non sempre facili e sincere, tra invidie, risentimenti, malanimi e altri difetti tipici dell’animo umano, in un paesaggio naturale sassoso e per nulla generoso, dove anche le ciliegie e le bacche sono rare e sempre aspre…
Proprio quando la famiglia Piccardo è riuscita a raggiungere una certa agiatezza economica, una inesorabile epidemia uccide i cavalli che permettevano di effettuare i trasporti, per cui la situazione cambi e la miseria entra in casa. A questo punto anche Berta cerca di darsi da fare per contribuire economicamente e così decide, ancora bambina, di iniziare a lavorare in una vicina filanda. Per lei è una prima presa di contatto con un mondo di più largo raggio, dove persone non sempre disinteressate cercano di iniziarla ai vari aspetti della vita e ai rapporti tra i sessi. Proprio mentre sta acquisendo una maggiore consapevolezza e una più sicura fiducia in se stessa, un fatto inaspettato sconvolge la sua vita: un senzadio, ovvero un pedofilo, dopo alcuni tentativi di avvicinarla sulla strada buia e solitaria che lei deve percorrere di sera tardi per ritornare a casa dal lavoro, l’aggredisce per violentarla, ma lei, su consiglio della madre, si era già munita di uno stiletto, per cui nel disperato tentativo di salvarsi, lo affonda nel ventre dell’uomo e lo uccide.
La situazione si fa seria per lei e per la sua famiglia, con le indagini della polizia sabauda, sospettosa nei confronti dei genovesi da poco annessi al Regno di Sardegna, tra le curiosità e i pettegolezzi dei vicini di casa, l’iperattivismo del giovane curato e l’immobilismo guardingo degli altri religiosi del Santuario, ma soprattutto con lo smarrimento di Berta e il disorientamento dei suoi famigliari, coinvolti in un vortice di fatti e di pensieri troppo impegnativo per loro. Le indagini si rivelano difficili, soprattutto per errori del primo momento e per l’impossibilità di individuare subito la vera identità dell’aggressore. La vicenda assume così l’andamento di un giallo poliziesco, che si snoda in un mondo che si allarga alla Riviera di Ponente, mentre Berta viene affidata ad un orfanotrofio gestito da religiose che sanno prendersi cura di lei con carità e saggezza. Ora tutto è in ambito giudiziario, fino al giorno del dibattimento in tribunale che vedrà i genitori e il fratello maggiore di Berta attanagliati dalla paura di una sua condanna, mentre la ragazzina appare troppo sprovveduta per rendersi pienamente conto della situazione in cui è venuta a trovarsi, davvero più grande di lei… Come andrà a finire? Lo lasciamo scoprire ai lettori di questo romanzo che auspichiamo numerosi e che invitiamo anche ad una riflessione su come avrebbe potuto concludersi una simile vicenda fosse successa oggi. Questo anche perché l’intento dell’autrice è proprio quello di informare sul passato alla luce del presente, di mettere a confronto l’ieri con l’oggi, facendo emergere quelli che un tempo erano valori umani che confortavano l’esistenza anche quando di gran lunga minori erano i beni materiali e le opportunità di vita. È anche per questo che Miriam Pastorino si impegna in una ricostruzione dettagliata e precisa di un microcosmo che assurge ad un livello di universalità in rapporto al tempo storico, rapportandosi ad altri testi del verismo regionalistico, ma anche scandagliando gli animi dei personaggi, ricostruendoli a tutto tondo per quanto riguarda la loro sfera caratteriale, sentimentale ed emotiva, nella consapevolezza che quello è l’aspetto dell’uomo in quanto tale che poco muta con il trascorrere del tempo.
Ne viene fuori un romanzo suggestivo, di grande godibilità letteraria, capace di stabilire uno stretto patto con il lettore fin dalle prime pagine, ma in cui le vicende narrate non trovano in se stesse il loro fine, ma diventano occasione di riflessione, soprattutto in ambito pedagogico e morale.

Miriam PASTORINO, Berta. Eroina di un tempo lontano, Chieti, Solfanelli, 2020, pp. 197, € 12,00.

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