S/PARLAMENTO-TOUR
ovvero
NELL’INFERNO POLITICO ITALIANO
(Luglio 2022)
(Dante:
INFERNO, Canto I) (pseudo-Dante:
INFERNO, Canto I bis)
Nel mezzo del cammin di
nostra vita Nel
pien d’una politica stordita
Mi ritrovai per una selva
oscura La
Camera e ’l Senato per iattura
Che la diritta via era
smarrita, 3 Lasciarono
l’Italia assai basìta.
Ah quanto a dir qual era è
cosa dura Era
al comando un uom di levatura
Esta selva selvaggia e aspra
e forte Tal
ch’ei metteva a nudo in modo forte
Che nel pensier rinova la paura! 6 Di
quant’infima e bassa taratura
Tant’è amara che poco è più
morte: Eran
gl’inetti, cui fidò la sorte
Ma per trattar del ben ch’io
vi trovai, Di
guidar tra litigi, risse e guai
Dirò dell’altre cose ch’i’
v’ho scorte. 9 L’italo
ostello. E lor, per malasorte,
Io non so ben ridir com’io
v’entrai, A
fondo, al par di veri malgustai,
Tant’era pieno di sonno a
quel punto Condusser
la politica a tal punto
Che la verace via abbandonai. 12 Che,
presi sol da’ propri viperai,
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un
colle giunto, Gioiron
sanz’alcuno disappunto
Là dove terminava quella
valle Al
popol d’aver rotto e membro e palle
Che m’avea di paura il cor compunto, 15 Ché
il loro scopo alfin era raggiunto.
Guardai in alto, e vidi le
sue spalle I
lor cervelli, forse, ne le stalle,
Vestite già de’ raggi del
pianeta Tra
letame e lordure, sanza pièta
Che mena dritto altrui per
ogni calle. 18 Sciaurati
furon sì che le sue falle
Allor fu la paura un poco
queta Ogniun
non ravvisò poiché desueta,
Che nel lago del cor m’era
durata
– A causa de l’arsura
infüocata –
La notte ch’i passai con
tanta pièta. 21 L’usanza
del cervel era completa.
E come quei che con lena
affannata A
l’Assemblea riuscì la canagliata
Uscito fuor del pelago alla
riva Di
tôrre la fiducia che serviva
Si volge all’acqua
perigliosa, e guata, 24 A
Mario Draghi, ch’avea sollevata
Così l’animo mio, ch’ancor
fuggiva, Quella
reputazione resa viva
Si volse a retro a rimirar lo
passo, Inseme
al suo Governo d’alto tasso;
Che non lasciò già mai
persona viva. 27 Non
tutto, già qualcun... non rinsaviva
Poi ch’èi posato un poco il
corpo lasso, E
il senno suo portato avea all’ammasso:
Ripresi via per la piaggia
diserta, Nol
dico, pur l’itala mente aperta
Sì che ’l piè fermo sempre
era ’l più basso. 30 Scuopra
chi di cervel era ‘l più basso.
Ed ecco quasi al cominciar
dell’erta, Del
padre un’infrazione fu scoperta,
Una lonza leggiera e presta
molto, Poi
col suo branco lui gridò di molto
Che di pel maculato era
coverta; 33 E
al Capo minacciò la propria allerta;
E non mi si partia d’innanzi
al volto, Ei,
a gara, con fare disinvolto
Anzi impediva tanto il mio
cammino, Del
suo gruppo causò lo spezzatino
Ch’i’ fui per ritornar più
volte volto. 36 E
’l movimento tutto fu travolto;
Temp’era dal principio del
mattino Ei
fu capoccia ch’era assistentino
E ’l sol montava ’n su con
quelle stelle Di
campo e, messe su le sue bretelle,
Ch’eran con lui, quando
l’amor divino 39 Al
Monte elli salì Capitolino,
Mosse di prima quelle cose
belle; Poi
fe’ cader in giuso... Penta-Stelle,
Sì ch’a bene sperar m’era
cagione Che
un comico fondò con l’adesione,
Di quella fera a la gaetta
pelle, 42 (Grazie
alle sue fatidiche storielle),
L’ora del tempo e la dolce
stagione: D’un’Armata
che fu Brancaleone
Ma non sì che paura non mi
desse E
riscosse quel poco d’interesse,
La vista che m’apparve d’un
leone 45 Ma
alcuna non avea preparazione,
Questi parea che contra me
venesse Per
cui vennero meno le premesse
Con la test’alta e con
rabbiosa fame, E
tutto si sfasciò come rottame
Sì che parea che l’aere ne
temesse. 48 Ché
concezioni lor eran sconnesse.
Ed una lupa, che di tutte
brame Affiancato
ei fu nel suo certame
Sembiava carca nella sua
magrezza, Da
unioni di politica bassezza,
E molte genti fe’ già viver
grame, 51 Adusi
lor a le lor basse trame:
Questa mi porse tanto di
gravezza Ciascuna
forza ad esse bene avvezza
Con la paura ch’uscia di sua
vista, Per
giugner del potere a la conquista,
Ch’io perdei la speranza
dell’altezza. 54 Non
per capacità, per alterezza.
E quale è quei che volentieri
acquista, Sine
dubio l’azione fu golpista
E giugne ’l tempo che perder
lo face, E
lasciò lo stivale nella brace
Che ’n tutt’i suoi pensier
piange e s’attrista; 57 Con
quel voto finale disfattista.
Tal mi fece la bestia sanza
pace, C’è
chi ha tanto valor sol quando tace,
Che, venendomi incontro, a
poco a poco Ma invece di tacer grida non poco
Mi ripigneva là, dove ’l sol
tace. 60 Perché di voti altrui è assai vorace.
Mentre ch’i’ ruinava in basso
loco, Son
personalità da videogioco
Dinanzi agli occhi mi si fu
offerto Che
di per sé non han veruno merto:
Chi per lungo silenzio parea
fioco. 63 I
nomi lor per pièta non invoco
Quando vidi costui nel gran
diserto Ché
accumulati in un sol concerto
«Miserere di me, »
gridai a lui, Richiamerian
quei guasti tempi bui
«Qual che tu sii, od ombra od
omo certo!» 66 Pe
’l danno più totale c’hanno inferto.
Rispuosemi: «Non omo, omo già
fui, Ecce
Follei, i nomi d’amendui:
E li parenti miei furon
lombardi, De’
toschi l’un e l’altro de’ lombardi,
E mantovani per patria
ambedui. 69 Sed
appo lor c’è mai sempre Colui
Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi, Che interdum
soggiornar ama tra i sardi
vissi a Roma sotto ’l buono Augusto, E
che a stare al poter ci ha preso gusto:
Al tempo delli dei falsi e
bugiardi. 72 Ei
problemi non ha co’ sui miliardi
Poeta fui, e cantai di quel
giusto E
più l’etade sua lo fa vetusto,
Figliuol d’Anchise che venne
da Troia, Meno
’l desìo di... regnar l’annoia
Poi che ’l superbo Iliòn fu
combusto. 75 Anzi
s’accresce e non è mai frusto.
Ma tu perché ritorni a tanta
noia? Che
dire di Citroni e la tettoia
Perché non sali il dilettoso
monte Che
repara oggidì non solo il Fronte
Ch’è principio e cagion di
tutta gioia? » 78 Di
chi fa l’occhiolin ai fu Savoia?
«Or se’ tu quel Virgilio e
quella fonte Son
gl’Itali Fratei: camaleonte
Che spandi di parlar sì largo
fiume? » È
lor fiamma che tre colori assume,
Rispuos’io lui con vergognosa
fronte. 81 Cui
va aggiunta la mala negra fonte.
«O delli altri poeti onore e
lume, S’ella
grida, si sa, perde ogni lume
Vagliami ’l lungo studio e ’l
grande amore E
accusa Mario ch’è un accentratore
Che m’ha fatto cercar lo tuo
volume. 84 Per
poi pescar nel trito torbidume:
Tu se’ lo mio maestro e ’l
mio autore; Sue
visioni stralabia con furore
Tu se’ solo colui, da cu’ io
tolsi Dirette
a giovinastri arditi e bolsi
Lo bello stilo che m’ha fatto
onore. 87 Che
sognano quei dì con grande ardore
Vedi la bestia, per cu’ io mi
volsi: O
a genti assatanate, questo vuolsi,
Aiutami da lei, famoso
saggio, Che
mirano d’andare a l’arrembaggio
Ch’ella mi fa tremar le vene
e i polsi.» 90 E
a tutti far tremar e vene e polsi.
«A te convien tenere altro
viaggio, » Grosso
un partito con un gran vantaggio
Rispose, poi che lacrimar mi
vide, Come
neve si scioglie e si divide
«Se vuo’ campar d’esto loco
selvaggio; 93 In
partitini, ognuno pe ’l suo viaggio:
Ché questa bestia, per la
qual tu gride, Ulivi,
Verdi e Laici a interne sfide
Non lascia altrui passar per
la sua via, Si
rivelaron una fesseria
Ma tanto lo ‘mpedisce che
l’uccide: 96 Ché
si persero in guerre fratricide
E ha natura sì malvagia e
ria, Dando
origine, e fu pura follia,
Che mai non empie la bramosa
voglia, A
varie più fazioni e con gran doglia
E dopo ’ l pasto ha più fame
che pria. 99 Per
gli elettori fu una lotteria
Molti
son gli animali a cui s’ammoglia, Capir
qual è il gruppuscolo che imbroglia
E più saranno ancora, infin
che ’l Veltro Meno
e ber sani in un bicchier di peltro
Verrà, che la farà morir con
doglia. 102 Fa
e non fallisce almeno quella soglia
Questi non ciberà terra né
peltro, Di
voti sanza correr dietro al... Veltro,
Ma
sapïenza, amore e virtute, Ch’or
qui or là, con mosse sempre astute,
E sua nazion sarà tra feltro
e feltro.
105 Move passi felpati al suon di feltro.
Di quella umile Italia fia
salute, Libere
e uguali sono le vedute
Per cui morì la vergine
Cammilla, Per
acume di chi pur or assilla
Eurialo e Turno e Niso, di
ferute. 108 E
pensa d’ottenere... ricadute
Questi la caccerà per ogni
villa Che
guizzan via al paro d’un’anguilla!
Finché l’avrà rimessa nello
’nferno, Oh
PD che sfasciasti e fosti perno
Là onde invidia prima
dipartilla. 111 D’intrallazzi
e raggiri, ancora brilla
Ond’io per lo tuo me’ penso e
discerno Chi
scatenò ’l mal seme e ’l malgoverno
Che tu mi segui, ed io sarò
tua guida, Che
i maggio frutti hodie ha sanza guida
E trarrotti di qui per luogo
etterno, 114 E
Ausonia ha tramutato in vero inferno!
Ove udirai le disperate
strida, Non
far udir le tue angustiate grida,
Vedrai li antichi spiriti
dolenti, Se
ancora t’affratelli agl’incoscienti
Che la seconda morte ciascun
grida; 117 Pur
tronfi di pazzia liberticida.
E vederai color che son
contenti Guardati
intorno: tutti son furenti
Nel foco, perché speran di
venire, Perché
con spregio vuoi di novo ire
Quando che sia alle beate
genti. 120 Sotto
il mal flusso di... Stelle cadenti.
Alle qua’ poi se tu vorrai
salire, Unisciti
con chi vuol pervenire
Anima fia a ciò di me più
degna: Ad
una nova Azione ch’è assai degna
Con lei ti lascerò nel mio
partire; 123 E
non aspira Europa a demolire.
Ché quello imperador che
lassù regna, Con
fedeli alleati tu addivegna
Perch’io fu’ ribellante alla
sua legge, A
rafforzare quei Diritto e Legge
Non vuol che’n sua città per
me si vegna. 126 Per
cui il Presidente sol s’impegna,
In tutte parti impera, e
quivi regge; Mirando
a tener salde le pulegge
Quivi è la sua città e l’alto
seggio: D’un
congegno che gira sempre peggio,
Oh felice colui, cu’ ivi
elegge !» 129 Se
alcuno con vigor non lo sorregge.
Ed io
a lui: «Poeta, io ti richieggio C’è
chi già s’appassiona al proprio seggio
Per quello Dio che tu non
conoscesti, E
in grande spregio ha gl’itali dissesti,
Acciò ch’io fugga questo male
e peggio, 132 Cui
Mario Draghi avea dato pareggio.
Che tu mi meni là dove or
dicesti, Anco
se c’è chi a forza lo contesti
Sì ch’io veggia la porta di
San Pietro Poiché
giudica ognun col proprio metro,
E color cui tu fai cotanto
mesti. 135 Sanza
di lui sarian tempi funesti
Allor si mosse, e io gli
tenni dietro. E
rischieremmo più d’un passo arretro.
Dante Alighieri, fiorentino Pseudo-Dante
(B.P.), genovese)