giovedì 10 novembre 2022

RECENSIONE


UNA DONNA IN CRISI

 Rosa Elisa Giangoia


In questo suo nuovo romanzo, Senza sapere perché, Dionisio di Francescantonio ritorna a presentare situazioni problematiche all’interno della coppia e della famiglia, tematica su cui aveva già avuto modo di riflettere per tratteggiare le vicende dei suoi racconti compresi nei precedenti volumi antologici Il delirio e la speranza. Storie di padri separati (2012) e Inconsolabili. Vite sconclusionate al tempo dell’irragionevolezza e della paura (2017).

Qui tutta la narrazione è incentrata sulla figura della protagonista, Rebecca, intorno a cui ruotano  gli altri personaggi, appartenenti o meno al suo nucleo familiare, tutti sempre strettamente funzionali allo svolgimento della storia di Rebecca, per cui la narrazione ha una struttura coesa incentrata sulla figura della protagonista. Lei è una donna di mezza età, inesorabilmente arrivata al punto di svolta della sua vita, oltre il quale capisce che ormai non ci sono più possibilità di alternative o tanto meno di tornare indietro. Vede sfuggiti i suoi sogni giovanili di realizzarsi nel campo della creazione artistica, avendo dovuto sacrificarli per impegnare tutto il suo tempo e le sue energie per la famiglia, allietata da tre bambine che ora, però, sono diventate donne e vivono la loro vita autonoma. Tutto questo porta Rebecca a sentirsi annoiata e insoddisfatta, ha molti desideri, ma sempre piuttosto vani, nebulosi, senza una configurazione e un programma preciso e attuabile. Anche il rapporto d’amore con il marito non è più soddisfacente per lei che, anzi, sembra attribuire a lui questa sua situazione di insoddisfazione e di crisi. Così decide di andarsene dalla casa coniugale per trasferirsi nell’appartamento dei suoi genitori, ormai vuoto. Dapprima il marito sospetta e teme che un altro uomo sia entrato nella vita della moglie, ma poi questo suo dubbio risulta del tutto infondato: se n’è andata «senza sapere perché». Il marito e le figlie cercano un dialogo con lei, per capire fino in fondo la sua situazione, per aiutarla con disponibilità a rivedere la sua scelta, ma tutto è inutile.

Rebecca, però, non è felice, sembra arrivata in fondo a un baratro di insoddisfazione e di depressione. Dal punto di vista narrativo si è così pervenuti alla spannung che richiede una svolta per ridare dinamica alla vicenda.

Sapientemente lo scrittore mette in campo un’amica, che assume il ruolo di “aiutante”. Infatti a prospettare a Rebecca un’alternativa attraente è la sua  amica Allegra (nomen omen!) che le propone come “via di fuga”, un viaggio in Grecia «Per vedere cose nuove, per incontrare gente nuova, per divertirti un po’!», ma in realtà con il sotteso proposito di farle sperimentare rapporti sessuali occasionali con aitanti giovanotti disponibili a soddisfare le aspettative e le fantasie delle turiste infelici. Sono esperienze per lei abituali che suppone possano risolvere anche i problemi di Rebecca che si lascia facilmente sedurre dall’idea di un viaggio in una terra così attraente come la Grecia. Ben presto dovrà rendersi conto dei veri intenti della sua amica e per lei questa esperienza completamente nuova risulterà negativa, anzi insostenibile, per cui cadrà nell’insoddisfazione e si sentirà completamente presa dal senso di inutilità di questo tipo di rapporti. Avrà, però, consapevolezza di essere caduta in un baratro da cui può e vuole rapidamente risalire, si rende conto che questi incontri occasionali, senza amore, senza affetto, senza alcuna condivisione di vita, non scaldano il cuore, non possono riempire la sua esistenza: lei è profondamente diversa da Allegra. Ai suoi occhi riappaiono le scene di vita familiare come di gran lunga migliori, le uniche capaci di significato vero e gratificante. Decide di abbandonare le amiche ai loro vacui e futili divertimento per ritornare in Italia, nella sua casa, per recuperare l’affetto del marito e delle figlie. Ma, purtroppo, non sarò più possibile, il destino ormai ha scelto qualcosa di inesorabile per lei.

Questo romanzo riprende, per certi aspetti, la vicenda di Emma Bovary, anche se prescinde da implicazioni di carattere sociale; anche Rebecca, come Emma, ha «sempre un desiderio che trascina», ma non «una convenienza che trattiene», inoltre lei, a differenza di Emma, cambiata nel tempo la situazione sociale delle donne, è in grado di fuggire autonomamente, non ha bisogno di appoggiarsi a uomini per evadere dal suo mondo, non è più «una donna sempre impedita», per il solo fatto di essere donna. D’altro lato il romanzo trasferisce a livello di vicenda narrata quella che ormai psicologi e sociologi definiscono “sindrome del nido vuoto”, cioè quel senso di insoddisfazione che prende molte donne quando, dopo essersi impegnate per la famiglia, si ritrovano in una casa svuotata dai figli, in una condizione di totale “tu per tu” con il marito, nei confronti del quale bisogna costruire un rapporto e un dialogo nuovo; non sempre tutto ciò è facile, non sempre la vicenda coniugale evolve positivamente. A soffrire di questa sindrome sono soprattutto le donne che non hanno avuto una vita lavorative, che sentono maggiormente rimpianti e insoddisfazioni, come appunto Rebecca.

A livello narrativo tutte queste realtà, oggi diffuse e sovente sofferte, vengono tratteggiate con grande sapienza da Dionisio Difrancescantonio in un intreccio che vede la protagonista scivolare in una catabasi da cui risale con le proprie forze nel desiderio di riprendere la vita del passato. In questo modo lo scrittore vuole dimostrare che ogni persona, se lavora su se stessa con consapevolezza, può uscire fuori da situazioni personali problematiche, ma soprattutto vuole mettere in evidenza il valore della famiglia, come nucleo di per sé gratificante per i suoi componenti, come condizione di vita insostituibile per l’equilibrio e la serenità di ciascuno: questo oggi è un gran bel messaggio, coraggioso da esporre, capace anche di rigenerare il tessuto sociale. Ma il narratore vuole anche mettere in guardia nei confronti del lasciarsi andare, del fare scelte avventate, in quanto sembra ammonire che non sempre è possibile recuperare il passato, riprendere in mano quello che, magari in un momento di smarrimento, si è buttato via, dato che gli eventi possono poi evolvere in maniera per noi completamente incontrollata.

Tutto questo l’autore lo tratteggia con grande impegno, grazie alla sua capacità di analisi psicologica attenta e approfondita, a cui si aggiungono la ricchezza espressiva e l’accuratezza stilistica per esporre con efficacia le emozioni e gli stati d’animo dei personaggi, soprattutto della protagonista.

 

DIONISIO DIFRANCESCANTONIO, Senza sapere perché, Chieti, Solfanelli, 2022, pp. 203, € 13,00.

 


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