venerdì 18 marzo 2022

PRESENTAZIONE

 

PRESENTAZIONE

(Dato che Renato Dellepiane, causa positività al covid, non è potuto intervenire, pubblichiamo qui la sua presentazione)

     Una fastidiosa quanto inattesa positività al famigerato Covid, mi impedisce di essere presente oggi: poco male, il prof. Cavagnaro saprà fare, da par suo, anche la mia parte. A me spiace, per la stima e 
l’amicizia verso l’autrice e perché il libro è bello, della bellezza propria della vera poesia che non può essere né mero artificio letterario, come talvolta è di moda, né la trasposizione in versi di posizioni ideologiche variamente mascherate, né tanto meno una semplice effusione sentimentale.
     Mi soccorre subito un pensiero di Giuseppe Conte, nello scritto in calce alla raccolta: “…la poesia per t  e abbraccia il mondo intero del sentire, dello scrivere, del vivere”: c’è, in questa visione della poesia, un fondamentale intento comunicativo, che fa sì che, nel momento in cui l’autrice esprime i suoi sentimenti, si fa portavoce dell’umanità intera.
     Sto bene quando scrivo, mi sento appagata. Sento accanto a me la presenza viva, il respiro delle persone care di oggi e di ieri. E coltivo amorosamente la speranza di riuscire almeno in parte a trasmettere il mio appagamento a chi mi legge. A condividerlo con loro.
     Questa, che Isa scrive nel Congedo provvisorio del 13 ottobre 2020 è una chiara e splendida dichiarazione di poetica che, peraltro va letta accanto ai versi di Ispirazione e buona volontà che la chiariscono e dànno il senso della “serietà” della creazione poetica: Sgorgano parole/nella grande illusione/ di passione e di buona volontà. /La poesia .
     Ha certamente ragione Giuseppe Conte, ancora, nel dire: ”Non dimentichi mai di essere stata un’insegnante” (e che insegnante, potrei aggiungere, perché ci siamo incontrati piuttosto di recente, ma conosco la prof. Morando da una vita, quale collega pressoché coetaneo!). Ed io penso che anche in questo suo passato di insegnante siano le ragioni del titolo del libro. Da un lato le motivazioni culturali, per il riferimento a due personalità così importanti, dall’altro una ragione, per così dire, psicologica. Che la “gentilezza dei costumi”, di cui parla Bobbio, sia una costante, come mezzo e come fine, che ha accompagnato e guidato la nostra generazione di insegnanti credo sia una verità inconfutabile. Ed è questo il clima che emerge dalla bellissima poesia Nel cuore della sera in cui il ricordo nostalgico si unisce alla capacità di creare immagini di grande suggestione tra i versi letti dalla professoressa e la reazione dell’alunna, commossa anche perché coinvolta dalla giovane docente.
     Non mi pare un caso il fatto che, appena letto il titolo del libro, mi sia venuto in mente, sia pure per evidente deformazione professionale, un famoso incipit: Tindari, mite ti so. Ho pensato che c’entrasse poco ma poi, continuando la lettura e scoprendo paesaggi (Borgio Verezzi, Pietra Ligure, le panchine della Foce, le creuze nella poesia dedicata a Lauzi) e, soprattutto osservando gli splendidi disegni del marito, mi sono ricreduto. Forse, e l’autrice mi perdonerà se ho sbagliato, questa mitezza sta anche nella consapevolezza della nostra finitezza e nella volontà di creare, attraverso la poesia, qualcosa di noi che resti, non perché vogliamo essere celebrati, ma per potere credere di non essere vissuti invano. E del resto questo dicono le varie poesie con cui Isa ricorda amici e Maestri e che, credo, saranno doverosamente citate. Insomma c’è, come dire, una mitezza del paesaggio e del ricordo con cui bene si esprime la mitezza dell’autrice.
     Il linguaggio non è mai “imperfetto” perché, “nel raccontare con immediatezza i suoi sentimenti” c’è sempre il controllo della parola e del tono, che non eccede perché sostenuto da una connaturata eleganza. E’ certo però che anche l’idea di “imperfezione” sia collegata alla nostra funzione di docenti, nella quotidiana necessità di adeguarsi alle varie situazioni con cui si viene a contatto, Ma questa consapevolezza di imperfezione nella poesia di Isa si traduce in un “tenace esercizio/ dei sensi e della mente/che imbriglia percezioni, fotogrammi, / li fa suoi, e li veste di parole, / di immagini a colori… (ancora da Ispirazione e buona volontà). L’"imperfezione" è dunque una sorta di atteggiamento mentale che porta alla ricerca del verso perfetto non per autocompiacimento ma perché possa “raccontare con immediatezza i sentimenti”, filtrati sempre da un eccezionale senso della misura, anche là dove la 
commozione per il ricordo degli amici scomparsi si fa più forte: “Parlate un po’ di me, Amici miei…/ Con dolcezza, vi prego…/ Sarà più lieve il tempo dell’attesa” (A Vito Ugo, in memoriam)
     Nella sua bella e dotta prefazione, Rosa Elisa Giangoia, cita opportunamente il famoso Ut pictura poesis (pur con le dovute precisazioni) anche in riferimento alle raffigurazioni di Nanni Perazzo che talora accompagnano i testi. A me pare davvero che nella capacità della poetessa di tradurre in immagini i propri sentimenti sia il pregio maggiore di questa raccolta. Le parole, le riflessioni, i ricordi di isa si fanno ”figure” davanti ai nostri occhi e per questo parlano alla nostra anima, prima ancora che alla nostra sensibilità di critici. Una poesia come Orizzonti ne è l’esempio più significativo, pur concludendosi con una sorta di invito leopardiano, mantenuto sul piano di un materno invito a cogliere gli “attimi fuggenti”.
     Ci sarebbe molto da dire ancora, ad esempio sui versi dedicati al centenario dantesco, sostenuti da tale sensibilità e cultura per cui Dante e Boccaccio diventano nostri contemporanei e ci pare di vedere Dante come lo immaginava Boccaccio nel Congedo.
     Non voglio rubare altro tempo e auguro a tutti un pomeriggio che sarà senz’altro piacevole.

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