Isa Morando
Verezzi, 26 dicembre
2018
Sfreccia improvviso davanti a
noi, che procediamo con cautela,
misurando i passi sull'acciottolato.
È ormai un rito del giorno di
Santo Stefano, la visita ai presepi allestiti lungo le crose verezzine. Ma lui,
subito, ruba la scena. Salta sui rami di un carrubo, si direbbe che ha
l'intenzione di fuggire, ma ben presto si capisce che non
è questo il suo scopo: vuole esibirsi. Finge di scendere, poi con un
balzo guadagna il ramo più alto. Nel momento in cui, dopo esserci fermati per
ammirarlo - i piccoli fanali luccicanti degli occhi, il movimento sinuoso del
corpo tra le foglie - riprendiamo il cammino, vola ai nostri piedi, quasi per
impedirci di proseguire. Non si rassegna a farsi da parte. E comincia un lungo
gioco di rincorse, fermate, fughe, rintanamenti, ricomparse improvvise. Come un
attore consumato, si concede al pubblico quanto basta per farsi ammirare, ma
vuole essere lui a condurre il gioco. Ci adeguiamo al suo ritmo. Certo, l'attenzione
per i presepi si attenua, perché, in realtà, cerchiamo lui, il piccolo gatto
certosino, gli occhi d'oro che spiccano nel musetto curioso, lo splendido
mantello color piombo con riflessi di blu. Terminata la visita, ormai più
doverosa che attenta, riprendiamo il cammino del ritorno, tutti - senza
confessarlo - un po' delusi, perché il piccolo gatto certosino si è dileguato,
scomparso. Poi, d'improvviso, ricompare, si ferma. E qui accade l'impensabile: lui sembra capire le intenzioni dell'uomo che
invano ha cercato di fissarlo in uno scatto. Si mette in posa, in un angolo
della stradina suggestivo come un mosaico, con quelle pietre, quei colori che
svariano dall'ocra al grigio all'azzurro al rosa. Guarda davanti a sé, all'obiettivo, conscio della sua
bellezza. Gli occhi d'oro esprimono una sorta di consapevolezza, un messaggio: porta pure con te la mia immagine, sarà un modo per ricordarmi.
L'uomo che si è piegato sulle ginocchia per scattare l'immagine si rialza. E
lui, il piccolo gatto certosino, dopo essersi concesso ancora per un attimo a una rapida carezza, si
allontana lentamente. Il suo compito, oggi, è terminato. Cala il sipario. La
sera e il buio inghiottono i colori. In silenzio, con qualche brivido di freddo,
risaliamo in fretta verso la piazza: pochi attimi ancora, per ammirare -
secondo il rito malinconico e dolce del congedo - lo spettacolo rapinoso e
struggente delle luci sul mare.
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