sabato 30 marzo 2019

RECENSIONE


Ma così cupo il ritmo del mio cuore (p. 57)
nell’eco fortissima, da silenzio pesante” (p. 70):
riflessioni esegetiche e spunti critici

a cura di Benito Poggio


Chi scrive s’era ripromesso di non lasciarsi più avvincere né più nulla esprimere sulla invasiva poesia del filosofo-poeta Carlo Olivari (davvero numerosi i libri pervenutigli!), ma la lettura di quest’ultima sua opera ha intrigato lo scrivente che ha dovuto cogentemente estrinsecare il proprio giudizio, sia pur per sommi capi. Il poeta, di formazione classico-letteraria, vaga abbondantemente tra ormai inusuali figure retoriche, in particolare sinestesie e ossimori, che, con insolito turgore, manifestano, sotto un’opportuna luce lirico-pensosa, sofferti e gioiosi distacchi dell’oggi e sofferti e gioiosi vissuti di ieri. Tutta la sua liricità si svolge e si amplifica “nel suo impietrato grido di silenzio” (p. 56) per cui la silloge è stata percepita, da chi l’ha letta e la vaglia, come “muto inudibile e inudito grido” (p. 69) oltre che “chiuso singulto d’anima e di pietra” (p. 43). Sicuramente il poetare olivariano esala non poche scabrosità semantiche e non pochi nodi interpretativi che tuttavia, le une e gli altri, esaltano e fanno trasparire intime tensioni e radicate passioni. Amare, talvolta aspre e sintatticamente contorte tanto l’impostazione quanto la costruzione del suo linguaggio che s’impone di ravvivare i significati espressi, come accennato in precedenza, attraverso il suo tipico e peculiare inquieto lirismo del verseggiare. Quanto al contenuto, indubbiamente emergono con sentita e viva forza gli stretti e corroborati legami di famiglia e parentali: *madre su tutti (“così come l’acqua di vita è madre”, p. 48; p. 49; p. 59 e “A mia madre incinta”, p. 73 e p. 88) o mamma (p. 52, “ Va’ ...(omissis) Ti attende, la mamma, nella tua stanza”, “La sorgente eri, certo, della vita,/la fonte eterna della luce, mamma”, p. 73); *padre (“A mio padre”, p. 29; p. 49; p. 58; “Per sempre padre, per sempre, per seempreee!” (p. 77), come dire “olim pater, semper pater”) o papà (“A Papà”, p. 75); *fratello (“Avevo un fratello, come gli altri, anch’io”, p. 77); *nonni e miei vecchi (pp. 49 e 59); *nonna (“casa della nonna”, pp. 12 e 42); *nonno (“Dal nonnoa Staglieno, p. 13; “Colombo eri per me, sui fili, in alto”, p. 78); senza prescindere, con un certo tono di “malinconia” (pp. 10 e 31), dalla scomparsa di *familiari e *amici; così come, last, but not least, non si possono omettere la *moglie: amore antico e duraturo (“Ancora tu musica indefinita,/il fluire antecedente dei sensi”, p. 60) e le *figlie (“nostre vie future”, p. 60). E se il poeta, en passant, richiama Boccadasse (p. 25), Sturla (p. 31), Portofino (p. 35), Genova (pp. 79, 82, 83), Valle d’Aosta (p. 46), Cartosio (p. 53), Tortona (pp. 63, 65 e 66), Roma (p. 84), indubbiamente i più frequenti richiami agli autentici e vivificanti “loci animae”, che non si possono affatto tralasciare, evocati con inusuale frequenza si rifanno alla *Liguria (pp. 43, 45 e 49), a *Sori (a pp. 11, 51, 52, 67, 71, 73, 74, 75, 77, 78, 81 e 88) e alla *Sicilia (“sicula colomba”, p 44; “Ritorno da Sicilia”, p. 50; sicula terra, 54; sicula notte, p. 55, ove “l’ombra della sorella morte” ci trasmette le urlanti e lamentose voci delle prefiche; p. 59; Partinico, p. 59; Balestrate, p. 63); e se per Vittorini la Sardegna era “come un’infanzia”, per Olivari la Sicilia si qualifica “come una madre”. Inoltre, nella poesia dell’Olivari c’è (e son qui raccolti) un nugolo di termini ossitoni che prevedono una loro particolare vis espiratoria: unanimità e magicità, p. 11; miticità, p. 12; eternità, pp. 14 e 65; verginità, p. 16; marinità, p. 20; ligusticità e secolarità, pp. 21; pietrosità, p. 22; azzurrità, pp. 10, 26, 40, 52 e 73; solarità, p. 29 nella prima parte; enigmaticità, p. 40; ineffabilità, p. 48; serenità, p. 64; immensità, p. 64; terrenità, p. 65; immobilità, p. 66; comunicabilità, p. 68; anonimità, p. 69; istantaneità e simultameità, pp. 75 nella seconda parte. A questa tonante vis espiratoria è giocoforza accostare il suo uso intenzionale (ma che sia smodato?) del superlativo assoluto che esprime e rafforza i valori in cui il poeta crede senza termini di confronto e al massimo grado: lontanissima infanzia, p. 28; intatta, verdissima, solarità, p. 29; indefinitissimo azzurro, p. 32; lunghissima ombra e anello di lunghissima catena, pp. 33 e 61; religioso, dolcissimo, amore, p. 35; in volo le rondini, fittissime, p. 40; profondissimo amore e ertissima rupe assolata, p. 47; sale amarissimo, p. 48; lontanissimo, p. 62, spessissima, p. 67; bassissima e fortissima, p. 70; sottilissimo, p. 70; stanchissime ombre, p. 72; calmissima… azzurrità, p. 73. Che lo si voglia credere o meno, la sua poesia – in cui perduranza (p 34) e trasognamento (p. 40) sono due lemmi che hanno incantato chi scrive, uniti entrambi a quel risoluto ligure richiamo verbale dantesco (Purg. XIX, 100), iterato nei suoi termini, in fondo s’adima (p.46) e a quella “deserta terra, screpolata” (p. 63) che non può non rievocare “The Waste Land” di T,S, Eliot – appare ricca di cromatismi, ma su tutti domina per così dire il colore ceruleo: marinità azzurra, p. 20; indefinitissimo azzurro, p. 32; (mare) infinitamente azzurro, p. 41; l’intenso azzurro, p. 43; mare azzurro, p. 54; piante all’azzurro, p. 57; infuocato azzurro, p. 59; d’infinito azzurro, p. 65; d’azzurro estendersi, all’infinito, p. 71. A loro modo, le sue intense dispersioni di azzurro, colorano notte, ostilità buie, il buio, buia sofferenza, l’abbuiata stanza, tenebra, nebbia, l’ombra/morte o stanchissime ombre, orrore petreo, occulto terrore, silenzio plumbeo, afa grigia, et sim. che, passim in copia, dall’inizio alla fine, il poeta ha sparso per i suoi versi, anche se, lo si deve ammettere, per contrasto intravede qui e là infantile luce, lume/luminosa, barbaglio, fulgore specie nell’altro al di là (p. 53), l’eterna luce (ib.) et al. E, per finire, liricamente staglia il coleridgeano grido lancinante: “Vita, vita, la vita nella morte!”, p. 34. A sigillo di queste note si rimarca come, in svariate liriche, si odano gli echi della guerra (pp. 19, 42, 44, 80, 82, 84) e quelli della pace (p. 81). Dal punto di vista metrico e musicale si noti che le composizioni poetiche di Carlo Olivari, impostate su versi sciolti a varie lunghezze sillabiche, sono disseminate di musicalissimi e melodiosi endecasillabi, la cui rivelazione e il cui rinvenimento costituirà reale e genuina piacevolezza per ogni lettore.


*Carlo Olivari, Attualità di distacco e Momenti passati, Emmediemme Cronache Italiane, Salerno 2019, pp. 89, € 13,00.


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