sabato 25 novembre 2023

RECENSIONE

 


L’ACQUA E IL FUOCO, LA VITA E LA MORTE

Rosa Elisa Giangoia

     Acqua acqua fuoco, ultima silloge poetica di Laura Accerboni, mette in evidenza nel titolo i due elementi naturali, carichi di contrapposizioni, che sostengono e, nello stesso tempo, possono annientare la vita dell’uomo. L’acqua è, fin dai primordi della riflessione occidentale e il riferimento è ovviamente a Talete, il principio dell’esistere della vita in natura, sia nel mondo vegetale che in quello animale e umano. Ma l’acqua può diventare elemento di morte, può trascinare con la sua forza, sommergere e affogare, mentre il fuoco, che aiuta la vita con il calore, permette la manipolazione dei metalli e arricchisce l’alimentazione con la cottura, può distruggere tutto, incenerendo ogni cosa con le sue fiamme. Acqua e fuoco determinano quindi il cerchio della vita e della morte, in un intreccio ambiguo, insondabile e inesorabile, all’insegna di quella casualità che per l’uomo è mistero. L’imperscrutabile avvicendarsi di vita e di morte, nel susseguirsi di eventi inspiegabili e imprevedibili, determina la percezione dell’assurdo come elemento costitutivo dell’esistere.
    Questa pare essere la percezione esistenziale di Laura Accerboni che si impegna con fantasiosa immaginazione a rifletterla e riprodurla metaforicamente nei suoi testi poetici. I brevi componimenti di questa silloge, senza sentimentalismi e privi di coinvolgimenti emotivi, si susseguono in incalzanti concatenazioni di immagini in antitetiche contrapposizioni, in sequenze fonico-lessicali orientate verso finali a sorpresa e a effetto, con una durezza espressiva finalizzata a evitare ogni caduta in esiti di tradizionale liricità. Viene così tratteggiato un mondo all’insegna dell’assurdo (“Ho fotografato / l’inferno / è sempre a fuoco / perfetto”), senza alcuna illusione, ma anche senza speranze, in cui una forza inarrestabile e incontrollabile, nella metafora dell’acqua, tutto sommerge, in cui è meglio fare ciò che è contrario all’abituale umano comportamento: L’acqua / sta sotto / al letto / se non dormi / arriva / alle lenzuola / e annega / ogni cosa / fino al tetto”. È un mondo in cui può accadere solo l’imprevisto, l’inaspettato: “Mi è uscita / una balena / dalla bocca / ha iniziato / a crescere / nella stanza. / Le ho detto / «Non è un acquario / questo». Ma la balena assume connotati metaforici emblematici, caricati di ascendenze letterarie, per poi volgersi verso raffigurazioni di critica all’attualità: “La balena / è bianca / sbiancata / dalla plastica. / Inseguo / quintali / di bottiglie / da tutta la vita”.
    Ma nel nostro problematico mondo domina anche l’autodistruzione psicologica: “Certi animali / si masticano / fino a sanguinare / non vogliono / che siano altri / a mangiarli / si riducono / a brandelli”, in un interscambio sinestetico di piani, tra l’animalesco e l’umano: “Ci sono scoiattoli / nati/ per essere uomini / lo vedi / da quello / che ingoiano / dalla quantità / di alcol / e dalla pelliccia / che indossano / al bar / come uno scalpo”.
    Da questa fantasmagoria di immagini all’insegna dell’assurdo emergono brandelli di realtà in una sorta di filigrana sfuocata, come avviene per il crollo del ponte Morandi a Genova: “Mentre cade / l’uomo / sistema le ultime / cose / la porta di casa / che si raggruma / nello schianto”, primo testo di una sequenza a cui ne seguono altri sull’argomento di forte incisività per stigmatizzare anche colpevolezze.
    Questi componimenti poetici di Laura Accerboni, apprezzabili per l’originalità di ispirazione a cui corrispondono un’adeguata struttura e un appropriato piano espressivo, si vengono a trovare in sintonia con quello che è il prevalente sentire filosofico del nostro tempo, in quanto indagano, ma soprattutto rappresentano, ciò che è, l’essente, evidenziando il fatto che non tutto sia sempre precisamente calcolabile secondo i principi della scienza naturale. In definitiva, si possono apparentare all’affermazione di Wittgenstein secondo cui il mondo è la totalità dei casi. Ora è chiaro che tra i casi si possono, anzi si debbano, stabilire dei legami, come appunto la scienza fa, ma dobbiamo anche tener presente che oggi la scienza quantistica si basa sul principio di indeterminazione, secondo cui nessuna causa ha in sé tutti i propri effetti, per cui non tutto può essere determinato a priori.
    In questa consapevolezza è chiaro che ogni realtà esistente è qualcosa di intrinsecamente indeterminato, inquieto, qualcosa che non si potrà mai ridurre a una causa, spiegare in modo del tutto deterministico. Per questo anche noi siamo inquieti, sospesi nel possibile, nell’imprevedibile.
    Tutto questo, secondo me, Laura Accerboni ha voluto esprimere e ha saputo farlo, oltre che con originalità, con efficacia.

LAURA ACCERBONI, Acqua acqua fuoco, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2020, pp. 124, € 11,50.

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